ROMA – Astolfo, secondo Ludovico Ariosto, deve volare fin sulla Luna per recuperare il senno perduto di Orlando. Perché la Luna? Semplice, ci sono tutte le cose perdute dagli uomini. Lì su, dopo un lungo viaggio in compagnia di San Giovanni, troverà sogni infranti e lacrime, desideri e speranze. Per certi versi, ma con un intento ovviamente diverso, il compassato Astolfo di Gianni Di Gregorio, acuto e vivace autore romano, arrivato al suo quinto film, ritroverà nella sua casa natale un mondo che credeva perso, in balia di una memoria sbiadita e di un tempo che sfugge. In questo senso, la visione del regista, marcatamente garbata, elegante e umoristica, riallaccia i suoi elementi più cari facendoci conoscere un pigro professore che, in pensione, viene sfrattato dal suo appartamento. Di indole bonaria, non fa una piega e, anzi, fa i bagagli, saluta e se ne va.
Dove? Torna nella vecchia casa di famiglia, ovvero una bella dimora storica ma ormai vetusta nel centro storico di un piccolo paese laziale. La vita di provincia è diversa da quella romana e, pian piano, si adagia e si arrangia come può. Tanto da ospitare in casa due scapestrati come lui. Poi, però, la matassa si sbroglia e, al centro, ecco arrivare (forse) l’amore, che ha il volto di Stefania (Stefania Sandrelli). Hanno la stessa età, vivono sospesi tra le nuvole e, cosa più importante, inizieranno insieme quella che potrebbe essere una nuova vita. Perché, con uno spirito meravigliosamente e onestamente propositivo, l’Astolfo di Gianni Di Gregorio è cinema prezioso e luminoso, dall’allegria contagiosa e dalla forte spinta empatica.

In fondo, prosegue Di Gregorio, non è mai troppo tardi per parlare d’amicizia e d’amore, in uno scatenato fluire di risate e inflessioni che più umane non si può: un cornetto al bar, un amico, una spider, un sorriso. Piccole quotidianità che il regista trasforma in qualcosa di eccezionale, facendone materiale narrativo dalle modulazioni riconoscibili. Tutto, visto e rivisto con un occhio curioso e vitale, capace di farci riappropriare di una delicatezza quanto mai necessaria. Perché, insomma, diciamolo: il cinema italiano potrebbe essere un posto migliore se fossero tutti come Gianni Di Gregorio.
Qui il trailer di Astolfo:
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