Ileana Dugato MILANO – Il lavoro di Kenneth Branagh sull’universo di Agatha Christie ha spiccato il volo e, dopo un rocambolesco inizio che ha visto Assassinio sull’Orient Express (lo trovate su CHILI) odiato dalla critica e amato dal pubblico, arriva finalmente in sala il secondo capitolo delle avventure di Hercule Poirot con Assassinio sul Nilo. Una nascita cinematografica a dir poco complessa: cinque posticipi a causa della pandemia, innumerevoli polemiche attorno agli attori del cast e grandi aspettative che rischiavano di essere disattese. Eppure, tutto sommato, adesso che il film è qui, ci sembra tutto un ricordo lontano.
Parlando di attori, anche Assassinio sul Nilo non poteva non emulare il suo predecessore nel raccogliere un pool di grandi nomi: Gal Gadot, Armie Hammer, Emma Mackey, Sophie Okonedo, Letitia Wright, solo per citarne alcuni. E Branagh, ovviamente. Ancora con i suoi baffi sproporzionatamente grandi al punto che, quando girava il film, non vedeva nemmeno all’orizzonte la candidatura all’Oscar per Belfast. La Londra dello swing e del blues, il Nilo e il Karnak, la lussuosa nave su cui un viaggio di nozze si trasforma in un tremendo incubo; sono queste le coordinate che ci riportano in uno dei gialli più famosi della Christie, che dal 1937 a oggi continua ad intrigare come la prima volta.
Perché di fondo la storia è pressoché identica, quindi chi ha letto il libro sa di cosa stiamo parlando. Un’ereditiera e un giovane avvenente ma senza risorse invitano un gruppo di amici e parenti a festeggiare con loro il viaggio di nozze, Poirot si ritrova coinvolto nella scombinata cricca per caso ma al momento giusto per assistere al più classico dei triangoli amorosi. L’ex-fidanzata dello sposo, gelosa e ancora innamorata di lui, perseguita i due innamorati. Quanto ci vuole perché intrighi, segreti e sotterfugi esplodano in un omicidio di cui tutti potrebbero essere gli artefici? Come nelle migliori storie della regina dei gialli, davvero molto poco…
Ovviamente, in Assassinio sul Nilo c’è tanta Hollywood. Ci sono la luce e il bagliore delle star e una CGI inizialmente un po’ pesante ma che poi si riadatta e ci regala una magnifica ricostruzione di Abu Simbel e un bellissimo flashback sul passato di Poirot in guerra (chi è pronto a conoscere l’origine di quei baffi enormi?). Branagh, sempre perfetto nel suo personaggio che sembra costruito ad hoc per lui, fa un salto avanti rispetto ad Assassinio sull’Orient Express. Se nel primo stava ancora testando le acque di un nuovo adattamento, qui riesce a trovare i suoi tempi che, pur non essendo sostenuti e traboccanti di suspense come potevano essere quelli di Cena con delitto, riescono comunque a coinvolgere.
Giù il cappello anche per alcune interpretazioni, come quella di Emma Mackey. La star di Sex Education, che interpreta l’ex fidanzata gelosa, ha una parte non facile da gestire e piena di emozioni estreme, grazie alle quali però riesce a dare una performance notevole. A dire il vero, un po’ tutto il film è pervaso da queste emozioni. Forse anche per questo Branagh l’ha definito cupo, sensuale e inquietante, nonostante lo splendente sole d’Egitto non lasci mai spazio a ombre. Sono sempre le emozioni più forti che fanno cadere gli esseri umani, e niente più dei gialli l’ha capito. Rimane da vedere se Assassinio sul Nilo invoglierà il pubblico a chiedere altro capitolo di Poirot nel prossimo futuro. Di certo, Branagh non è ancora pronto a lasciar morire il sogno di un multiverso dedicato ad Agatha Christie. E sinceramente nemmeno noi.
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Qui il trailer di Assassinio sul Nilo:
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