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Anche io | Il New York Times, Weinstein e una pagina di grande giornalismo

Zoe Kazan e Carey Mulligan sono le giornaliste Jodi Kantor e Megan Twohey nel film di Maria Schrader

Anche io
Zoe Kazan e Carely Mulligan sono le protagoniste di Anche Io

ROMA – «È come se mi avesse rubato la voce quando stavo iniziando a trovarla». Un frase pronunciata da una delle sopravvissute alle violenze sessuali di Harvey Weinstein. Il produttore cinematografico co-fondatore della Miramax condannato a vent’anni di carcere dopo un processo durato oltre due anni nato anche grazie alle indagini delle giornaliste del New York Times, Jodi Kantor e Megan Twohey, raccontate in Anche Io. Il film diretto da Maria Schrader (già regista di Unorthodox) e scritto da Rebecca Lenkiewicz (Ida, Disobedience) è dedicato proprio a donne come lei che hanno avuto il coraggio di parlare e raccontare la verità in un mondo che per decenni ha fatto finta di nulla e non le ha ascoltate.

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Zoe Kazan nei panni di Jodi Kantor e Carey Mulligan in quelli di Megan Twohey in una scena di Anche Io

Un film sul coraggio, una storia condivisa da moltissime donne che si basa sul lungo articolo scritto dalle due reporter poi diventato un libro, She Said, in cui hanno messo nero su bianco anni di molestie, abusi, insabbiamenti e minacce perpetrati dal produttore che nel film non compare mai (si sente solo la sua voce in una registrazione che fa rabbrividire) per una scelta ben precisa. Anche io non è un film su Harvey Weinstein ma sulle donne, dalle due giornaliste alle sopravvissute, che insieme lo hanno fermato permettendo, inoltre, che il movimento del #MeToo di Raeana Burke esplodesse in tutto il mondo.

Una scena del film

L’onda lunga di quell’indagine e le sue conseguenze sociali sono oggi ben visibili. Un grande passo in avanti capace di cambiare regole e comportamenti in un mondo che ha ancora molta strada da fare. Perché quello che emerge limpidissimo da Anche Io è come sia sempre la donna a subire le ritorsioni della violenza e mai lo stupratore, protetto da un sistema fondato su dinamiche di potere che si perdono nella notte dei tempi e che la Schrader descrive in modo minuzioso senza mai mostrare la violenza ma solo evocandola con una serie di dettagli evocativi.

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Un’immagine di Anche Io

Incredibili protagoniste del film Carey Mulligan e Zoe Kazan nei panni delle due giornaliste che la sceneggiatura della Lenkiewicz ha l’intelligenza di mostraci a tutto tondo. Due donne, due professioniste, due mogli e due madri. La Kantor e la Twohey non ci vengono presentate come due super giornaliste unidimensionali ma ricche di sfumature che la loro sfera intima, fatta di depressione post-partum o difficoltà a conciliare famiglia e lavoro, arricchisce, creando un’empatia ancora più profonda. Perché la grande forza di questo film, che s’inserisce in un filone cinematografico ricco di titolo illustri come Tutti gli uomini del presidente e Il Caso Spotlight, risiede proprio nella scrittura.

Un’immagine del film

In un’epoca di fake news, Anche Io è un’importante testimonianza della necessità e dell’importanza di un giornalismo integro. Girato nella vera sede del New York Times durante i mesi più duri del Covid, il film della Schrader in poco più di due ore non ha mai cali di tensione e testimonia in modo preciso le tappe dell’indagine, tra appunti, telefonate, riunioni e collettività. Sì, perché quell’indagine è indubbiamente il frutto del lavoro tenace e non privo di paure di Jodi Kantor e Megan Twohey ma anche di tutte le sopravvissute che hanno raccontato la loro esperienza e dei capi-redattori, direttori e correttori di bozze che hanno permesso che il 5 ottobre del 2017 quella storia fosse pubblicata. Un semplice click premuto sullo schermo di un pc capace di scrivere una pagina di Storia del giornalismo del XXI secolo e ridare la voce a tutte quelle donne a cui era stata rubata.

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La video intervista a Maria Schrader è a cura di Manuela Santacatterina:

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