ROMA – Uno spaccato della società israeliana converge in un edificio multiuso, lo Shikun. Mentre persone di lingue, origini e generazioni diverse si incontrano in incontri teatrali, tutti loro sembrano alle prese con lo stato delle cose con cui fare i conti e modificare i propri comportamenti. In una metafora ispirata alla pièce Il Rinoceronte di Eugène Ionesco, alcuni inizieranno poi a trasformarsi in rinoceronti, mentre altri resisteranno – con forza – alla mutazione. Parte da questo ambizioso assunto Shikun, il nuovo film del regista israeliano Amos Gitai che a 73 anni ha appena portato alla Berlinale nella categoria Special, una pellicola e coraggiosa – visti i tempi terribili – e decisamente unica con protagonisti Irène Jacob (ma ve la ricordate in Film Rosso?), Bahira Ablassi, Hana Laslo e Yaël Abecassis.
LA GENESI – «Shikun nasce in relazione a quello che era il contesto in Israele, prima del 7 ottobre. Eravamo nel mezzo di un movimento di protesta contro il tentativo di Netanyahu e del suo governo di estrema destra di riformare il sistema legale, con manifestazioni che univano gruppi femministi, soldati, accademici, economisti. Persone diverse che lottavano per la coesistenza pacifica tra palestinesi e israeliani con un’ampia parte della società civile contro la distruzione del sistema legale democratico. Questo movimento fu una reazione all’ascesa di una forma di conformismo, alla scomparsa dello spirito critico, nella società israeliana. È in questo contesto che ho riletto Il Rinoceronte di Ionesco, scritta alla fine degli anni Cinquanta come favola antitotalitaria, e che mi sembrava riecheggiare ciò che stavamo vivendo. Vedevo la possibilità di ispirazione per un film sul presente. In quel periodo stavo provando a Tel Aviv la versione di House, la pièce ispirata al mio film del 1980. C’era tutto il cast, compresa Irène (Jacob, nda) e l’attrice palestinese Bahira Ablassi. Nello stesso momento in cui lavoravamo allo spettacolo, siamo stati coinvolti collettivamente in questo progetto, che ho scritto abbastanza velocemente».
IL TITOLO – «C’è stato un dibattito sul titolo tra due opzioni, la seconda era It’s Not Over, basata sulla canzone che ascolti nel film. I miei amici di Tel Aviv preferiscono il secondo titolo, che sarà anche il titolo del film in Israele, ma io preferisco Shikun, che in ebraico significa alloggio sociale, un edificio in cui le persone possono vivere. La parola deriva da un verbo che significa riparare, dare rifugio. E il film dà rifugio a persone che, per diversi motivi, hanno bisogno di rifugio dalla minaccia dei rinoceronti. Mi piace il suono della parola, anche se so che la maggior parte delle persone non saprà cosa significa, ma non mi disturba, anzi. La prima parte del film è stata scritta sulla base del contesto scenico, l’edificio del film – lo Shikun – la cui organizzazione spaziale, le prospettive, gli angoli e i materiali da costruzione mi hanno aiutato a dare vita a questi personaggi e attività in modi contigui, che possono essere in conflitto o ignorarsi a vicenda, senza dover creare sequenze artificiali, serie di cause ed effetti. Israeliani, palestinesi, ucraini e così via, persone che appartengono alla realtà, e tra loro una persona speciale, interpretata da Irène, spaventata dall’apparizione di queste creature, i rinoceronti. È il personaggio più direttamente ispirato all’opera di Ionesco».
SHIKUN – «Il film parla del caos del mondo, il caos creato dalla guerra, dalla disuguaglianza economica e dall’ingiustizia. La maggior parte dei film tende ad addolcire il caos assemblando spiegazioni logiche, psicologiche, sociologiche e di altro tipo per il comportamento, che rassicurano il pubblico. Ma a mio avviso è un’illusione, una disonestà. La realtà è il risultato di forze eterogenee, caso e interferenze illogiche. E in mezzo a tutto questo c’è una forza attiva: la paura. La paura non è un dato di fatto, è costruita, è fabbricata, e leader come Trump, Netanyahu, Orban, Putin, sono ingegneri della paura, e – ovviamente – lo è anche Hamas. Prosperano grazie al sentimento di paura che producono e mantengono. Questo è ciò che metaforicamente rappresentano i rinoceronti, ed è a questo che dobbiamo resistere…».
- PREVIEW | Shikun, cosa sappiamo del nuovo film di Amos Gitai
- INTERVISTE | Mati Diop racconta Dahomey
- VIDEO | Qui per il trailer del film
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