ROMA – Il profilo di una bicicletta avvolto in un rassicurante blu notturno, l’ocra polveroso di un campo di prigionia giapponese, i colori saturi di un tempio maledetto. A 77 anni, in seguito a delle complicanze dovute al Covid-19, si spegne Allen Daviau, uno dei più influenti direttori della fotografia, emblema del cinema spielberghiano per eccellenza. Cinque volte candidato all’Oscar – ma incredibilmente mai una vittoria – Daviau è stato per il regista di Cincinnati un punto di riferimento, fin da quando, insieme, girarono il corto Amblin’. Era il lontano 1968.

Da lì, un viaggio cinematografico incredibile: E.T., Indiana Jones e il Tempio Maledetto, Il Colore Viola e L’Impero del Sole. Fianco a fianco con l’amico Steven Spielberg, Daviau ha impresso nella memoria culturale e collettiva alcune delle immagini mitiche del cinema: basti pensare ai colori primari suonati ad intermittenza, nella splendida sequenza finale di Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo; oppure il rosso che avvolgeva l’estetica dell’avventura più adrenalinica di Indy, con quella pazza corsa sui carrelli della miniera.

Ma, Allen Daviau, non è stato “solo” legato a Spielberg. Infatti, sono innumerevoli i documentari, i cortometraggi e le pubblicità a cui ha dato immagini e colori. Sul grande schermo, poi, lo troviamo in Avalon, Bugsy con Warren Beatty, Congo fino a Van Helsing, del 2004, suo ultimo lavoro. E va ricordato di quanto sia stato un precursore nell’arte dell’immagine. Infatti, ancora prima dell’era dei videoclip, Daviau aveva mosso i primi passi nientemeno che con Jimi Hendrix.

“Allen ed io abbiamo iniziato la nostra carriera insieme”, ha dichiarato Spielberg appena saputo che fosse malato, “Era un artista pazzesco, eppure il suo calore e la sua umanità erano potenti quanto i suoi obiettivi. Era un talento unico e un incredibile essere umano”.
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