MILANO – Dopo il folgorante esordio nel 2015 con Kaili Blues e un lungometraggio del 2018 che è già storia del cinema orientale (Un lungo viaggio nella notte, lo trovate su Prime Video in flat), il regista cinese Bi Gan nel 2022 è tornato a scrivere e raccontare storie con un cortometraggio, A Short Story, presentato a Cannes commissionato da un’azienda produttrice di forniture per felini da appartamento (!). Marketing e cinema che si toccano quindi, che confluiscono però paradossalmente in un prodotto audiovisivo libero, privo di barriere commerciali. Soltanto una richiesta: avere un gatto come protagonista. Da qui, Bi Gan disegna una favola lineare ma ermetica capace in poco meno di quindici minuti di amalgamare il surreale e l’eccentrico, il sovrannaturale e la memoria della realtà.

Un gatto nero senza scopo e amici si imbatte in uno spaventapasseri che gli chiede di dargli fuoco. Il gatto lo immerge nelle fiamme e gli chiede quale sia la cosa più preziosa al mondo, lui non la sa e gli dice che forse tre persone possono saperlo. Allora il micio indossa i vestiti dello spaventapasseri e inizia il viaggio alla ricerca della risposta alla fatidica domanda, un pellegrinaggio attraverso tre diverse ramificazioni. Prima c’è l’incontro con un robot che lavora in un orfanotrofio e produce caramelle magiche donate ai bambini che lasciano il luogo. Poi, una donna svitata che mangia soltanto noodles dell’amnesia per dimenticare il dolore di essere stata abbandonata dall’amante. Per terzo, l’incontro con il Demone, un mago comico attratto dalla vera magia disposto a rispondergli alla domanda in cambio di una parte della propria anima.

A Short Story – che trovate in streaming su MUBI – si immerge negli occhi di un gatto per diversificare il punto di vista e raccontare una storia da una prospettiva diversa, più bassa, veloce, dinamica, silente, con la classica struttura della favola e del viaggio formativo dell’eroe ma intriso di un simbolismo oscuro, dove i concetti di perdita e ricerca vengono affrontati dall’immagine e non dalla parola. Il regista cinese, come aveva già fatto in Un lungo viaggio nella notte – ve lo avevamo raccontato in un’altra puntata della nostra rubrica Orient Express qui – gioca con lo schermo, con il formato, con il tempo e lo spazio. Case che viaggiano su binari, maghi che vanno all’indietro e bucano lo schermo, lettere perdute che fluttuano nel silenzio, Bi Gan proietta sequenze affamate di risposte, segue un gatto che compie un percorso di scoperta e crescita, ogni incontro gli dona un tassello del puzzle, lo decostruisce e lo riedifica in una nuova e migliore versione. Perché? Perché cercare la cosa più preziosa al mondo, non è altro che cercare sé stessi, indagarsi e domandarsi, sbagliare e riprovare…
- ORIENT EXPRESS | Il cinema orientale secondo Hot Corn
- VIDEO | Qui per il trailer del film
Lascia un Commento