MILANO – Cinecomic, cinefumetto, fumetto d’autore, adattamento d’essai, graphic novel in movimento. Ci si può girare attorno alle definizioni, ma alla fine di un film – qualunque film – le strade rimangono sempre e solo due: o è un film è bello oppure no. Potete essere maniaci dei fumetti con collezioni accatastate in garage oppure neofiti capitati per caso in un cinema, se un film è riuscito è riuscito. Punto. Pare una banalità, in parte lo è, spesso la si dimentica. E allora la domanda rimane una: 5 è il numero perfetto è un film riuscito oppure no? Sì, molto. Ma bisogna avere in salotto la collezione delle tavole di Igort per capirlo? No, affatto.
L’origine del film è presto detta, una graphic novel omonima del 2002 – edita da Coconino – firmato da Igort, qui regista e sceneggiatore alle prese con il tentativo di traslare al cinema il personaggio principale, Peppino Lo Cicero – sicario invecchiato e in crisi esistenziale – sulle fattezze di un grande Toni Servillo. Quello che ne esce è una sorta di noir moderno, un Sin City alla napoletana (ma non ditelo a Igort, non ama il film di Miller) che presto fa dimenticare la sua origine e catapulta lo spettatore in una Napoli oscura e piovosa: siamo nel 1973 e Peppino è stanco e stufo, in bilico tra i ricordi e la cura per il suo unico figlio, Nino (Lorenzo Lancellotti, faccia d’altri tempi).
Non insistiamo troppo sulla trama per non rovinare nulla, ma minuto dopo minuto il film trascina lo spettatore in un altro mondo, ma dentro la testa di Peppino, tra i suoi pensieri, le riflessioni, l’amarezza di un uomo che conosce passato e presente, ma sa di non poter contare troppo sul futuro. Visivamente folgorante, con la fotografia del danese Nicolaj Brüel (già su Dogman) a colpire occhi e cuore, 5 è il numero perfetto ha però un grande pregio: non si lascia prendere la mano dall’estetica, rimane centrato sulla storia, la piccola grande storia di un uomo, «un gregario», come si definisce, finito in qualcosa più grande di lui.
Fosse una squadra di calcio? Difesa e centrocampo solidissimi (menzione per la scenografia di Nello Giorgetti e grande colonna sonora di due produttori hip-hop come D-Ross e Startuffo), ma il resto lo fa il tridente là davanti: Servillo, Buccirosso e Golino a un certo punto muovono e conducono il film a un ritmo tutto loro, quasi come tre musicisti jazz, i loro sguardi e i loro movimenti tengono tempo e ritmo, rimandando a sentimenti, ricordi e passato che i loro tre personaggi, Peppino, Totò e Rita, sembrano davvero aver condiviso. Cercatelo, chiudetevi in un cinema e fatevi portare via: è un film che vi sorprenderà.
- Qui il trailer di 5 è il numero perfetto:
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