Netflix ha conquistato anche la Danimarca. E per la prima serie prodotta in territorio scandinavo ha puntato su The Rain, disponibile dal 4 maggio, presentata in anteprima all’evento See what’s next di Roma alla presenza dei creatori e del cast. Lo scenario sci-fi sfrutta le atmosfere noir dello storytelling seriale incastonandole in un futuro distopico dove un virus colpisce la terra attraverso la pioggia, considerata tradizionalmente un simbolo di prosperità e benessere. Noi di Hot Corn abbiamo visto in anteprima due puntate della serie. Ecco 5 motivi per non perderla.
LA FRATELLANZA: Simone (Alba August) e Rasmus (Lucas Lynggaard Tønnesen) non sono due ragazzi qualsiasi: hanno trascorso sei anni in un bunker per salvarsi dalla pioggia che ha decimato l’umanità. Lei, la sorella maggiore, ha un incarico delicato da portare a termine: difendere il fratello da ogni pericolo perché in lui si trova la chiave per salvare il mondo. Da dove ha avuto quest’idea? Si tratta del testamento morale del padre, uno scienziato che sta lavorando ad un progetto governativo per bloccare il virus e che ha lasciato entrambi in questo luogo (non proprio) sicuro prima di svanire nel dubbio. I due fratelli diventeranno alleati, confidenti e guerrieri, nonostante in apparenza sembrino entrambi molto spaventati, per non dire piagnucoloni. Solo insieme possono affrontare le avversità.
LE PAURE Il terrore più grande di una società felice e prospera come quella danese? Ce lo ha spiegato il creatore di The Rain, Christian Potalivo: «Sta nel vedersi sottratte tutte le certezze, su cui è fondata una vita serena e ben accudita anche dallo Stato». Davanti a tale catastrofe, degna del miglior disaster movie, la società si sgretola, regna l’anarchia e ogni forma di tutela del welfare viene a mancare: ogni cittadino è abbandonato a se stesso. «Se a questo aggiungiamo il potere rigenerante e salvifico dell’acqua e lo trasformiamo in una maledizione otteniamo una miscela terrificante e avvincente al tempo stesso».
IL GENERE: Dopo The Killing, Borgen e The Bridge, la tradizione seriale made in Danimarca sfodera un genere che esula dal noir classico per intrecciare più modalità narrative con un sapiente equilibrio di stili. Lo scenario fantasy del racconto s’innesta in una serie di dinamiche familiari in apparenza “tradizionali” ma che in realtà affondano le radici in segreti, misteri e bugie che, puntata dopo puntata, prendono forma. In questo modo la serie non si rivolge ad un pubblico ben definito ma riesce ad incuriosire gli appassionati di storie diverse.
LA NUOVA GENERAZIONE Sullo schermo entrano in azione alcuni degli attori più promettenti della loro generazione. Oltre ai due protagonisti già citati (entrambi alle prime armi) troviamo Mikkel Boe Følsgaard, che interpreta Martin, il capo di un gruppo di ragazzi miracolosamente sfuggiti al disastro e disposti a tutto pur di sopravvivere. «Di quest’esperienza insolita», ha spiegato Følsgaard a Roma, «ricorderò con piacere la sfida maggiore, ossia doppiarmi in inglese. L’avevo già fatto in passato, perché fin da bambino ho prestato la voce a vari personaggi dei cartoni animati, ma stavolta ho dovuto evitare le sfumature buffe e ogni verso strano».
LA COLONNA SONORA «La musica», ha anticipato il co-creatore Jannik Tai Mosholt, «ha un ruolo chiave nelle vicende. È stato il primo argomento di cui abbiamo parlato prima ancora di mettere nero su bianco la sceneggiatura. Abbiamo immaginato il sound di un pianeta vuoto e abbiamo immediatamente capito che sarebbe stato il filtro delle emozioni principali di questa storia. Gli scenari apocalittici, alla The Walking Dead, continuano ad attrarre lo spettatore, ma quello che conta è caricarli di senso e di sostanza con un valore in più. E questa volta, lo promettiamo, spiegheremo tutto, ma proprio tutto… compresa la spiegazione scientifica della pioggia assassina». E tra i brani della soundtrack c’è anche Oh Land con Der Var Et Yndigt Land.
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