ROMA – Alla scorsa Festa del Cinema di Roma, nella sezione FreeStyle, è arrivato un film che va oltre il semplice documentario e il cinema del reale; che esplora in profondità l’intimità e le emozioni di una sfera femminile privata e raramente mostrata con tale vulnerabilità sul grande schermo. Il risultato è Si dice di me, un ritratto sincero e potente che offre uno spaccato sociale di grande impatto. Il film della regista Isabella Mari segue Marina Rippa e il suo laboratorio teatrale, attivo da trent’anni nel cuore di Napoli, dedicato a donne di ogni età e provenienza sociale. In questo spazio, l’emancipazione diventa sinonimo di libertà. Quando Marina attraversa un momento buio nella sua vita, l’abbraccio delle donne del suo laboratorio dimostrerà che il legame di sorellanza costruito nel tempo è capace di superare i confini del teatro stesso.

Isabella Mari approda quasi per caso nello Spazio Comunale Piazza Forcella, ma è proprio questa casualità a dare vita a un racconto autentico, che trova nell’imprevisto la sua vera essenza. Si dice di me è un ritratto fatto di emozioni forti e contrastanti: fragili, commoventi, divertenti, eleganti ma anche ruvide. Le donne del laboratorio, alla ricerca della loro libertà in quanto tali, attraverso l’arte di Marina Rippa trovano la loro più autentica espressione, e i ruoli di insegnanti e alunne si alternano in un continuo atto di sorellanza. Nello sguardo altrettanto sincero di Isabella Mari, la libertà che emerge da questo luogo si scontra inevitabilmente con la realtà: prima la pandemia da Covid-19, che blocca tutto, costringendo a rinviare la prima rappresentazione del gruppo e a trasferire il laboratorio, come molti in quel periodo, online in videochiamata.

Poi, la perdita di Massimo, il compagno di vita di Marina. Questi eventi, che sembrerebbero annientare il concetto stesso di libertà, si rivelano impotenti di fronte alla forza della condivisione che percepiamo dalle immagini. Corpi e voci si intrecciano, animate dalla volontà di rendere visibile l’invisibile, e la bellezza e la forza presenti in ognuna di queste donne trasformano il desiderio in realtà. Le protagoniste lottano per riscattare vite mai vissute pienamente, nonostante avessero sempre avuto il desiderio e il potenziale per farlo. Gli abbracci, catturati con delicatezza dalla regista, testimoniano un legame profondo che Marina non solo ha saputo costruire, ma anche accogliere nei confronti di sé stessa e oltre i confini del teatro.

Si dice di me è esattamente questo: uno spazio e un momento che vanno oltre il luogo del laboratorio teatrale e le immagini cinematografiche. È un ritratto che della casualità fa la sua forza, regalandola al pubblico e a quelle donne che, pur consapevoli di possederla, non avevano ancora trovato il modo di esprimerla pienamente. Un film che è una genuina sorpresa piena d’animo e verità. E che potete (ri)scoprire il prossimo 10 gennaio al cinema Cinema Astra di Napoli assieme alla regista, le produttrici Antonella Di Nocera e Claudia Canfora e le protagoniste, in occasione della nuova edizione della rassegna AstraDoc – Viaggio nel cinema del reale. Da non perdere!
- INTERVISTE | Isabella Mari si racconta a Hot Corn
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