ROMA – Banel e Adama sono innamorati. Vivono in un villaggio sperduto nel nord del Senegal. È tutto ciò che conoscono del mondo, al di fuori non esiste nulla. Ma il loro amore totale si scontra con le convenzioni della comunità in cui vivono, dove non c’è spazio per la passione e ancor meno per il caos. Presentato in concorso a Cannes 76 arriva finalmente al cinema dal 18 luglio con Movies Inspired Banel e Adama, film di Ramata-Toulaye Sy con Khady Mane, Mamadou Diallo e Binta Racine Sy. Un’opera prima di razza. Un high-concept girato tutto in esterna, nelle regioni del Senegal del Nord, con un cast di soli attori non professionisti e in Pulaaar, una variante della Fula, la lingua senegambiana ufficiale della zona tra il Niger e Congo.

Tutto al servizio di un Banel e Adama come prima regia – manco a dirlo – personalissima e di peso per la Sy: «Volevo scrivere una grande storia d’amore tragica, una storia in cui tutti potessero riconoscersi. E volevo che si svolgesse in Senegal, il paese da cui provengono i miei genitori. L’ho visto come un gesto politico. All’epoca in cui stavo lavorando allo script, avevo la sensazione che la maggior parte dei film africani contemporanei che stavo scoprendo riguardassero violenza, guerra, terrorismo, povertà. Volevo fosse un film universale, che parlasse agli africani ma non solo. Sono appassionata di letteratura fin da bambina e sognavo di creare una grande tragedia, mescolata al realismo magico, alla poesia, ma anche ai codici del racconto. Il mio desiderio era inventare un personaggio mitico come Medea o Fedra».

Vale a dire Banel, la sua Banel a cui la Sy offre un’evoluzione caratteriale destinata a entrare nella storia del cinema. In un primo momento, Banel e Adama racconta dell’amore puro come fosse musica, tutto avvolto in immagini pulite e poetiche e felici – la bocca di lei, gli occhi di lui, i loro nomi uniti – tra colori e arcobaleni, fiabe e storie, sogni e promesse e la necessità di una vita insieme. Poi cambia tutto, diventa altro. Banel e Adama da uniti e unici diventano due individui che semplicemente camminano nella stessa direzione ma senza averne troppa convinzione. Il loro mondo crolla intorno tra epidemie, siccità, fuochi infernali, ma soprattutto pressioni sociali e fatalismi. E con esso cambiano le immagini che da pulite e felici diventano stanche, aride, calde ma vuote.

Su di esse la Sy costruisce una riflessione acuta, intelligente, raffinata ma pungente, sul ruolo della donna e della propria identità, capace di andare oltre etichette e doveri sociali perché fatta di desideri, idee e sogni. È infatti un cammino identitario quello che la Sy dipinge intorno all’aura caratteriale della Banel di una formidabile Mane, che di Banel e Adama autentico Romeo e Giulietta postmoderno è cuore, anima, polmoni e lacrime narrative. Una donna che nonostante veda i propri sogni d’amore crollare dinanzi al mondo, alle scelte altrui e al mutare del ruolo di Adama (un intenso Diallo) da compagno e alleato a grigio estraneo, decide di reagire e di trovare una nuova e propria – solo sua – ragione di vita. È nata un’autrice e il suo nome è Ramata-Toulaye Sy.
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