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Tra rabbia e leggerezza: perché Tutto Chiede Salvezza è una serie che ci parla

Lacrime, parole, riflessioni. Ma com’è il dramedy Netflix diretto da Francesco Bruni?

Tutto Chiede Salvezza, e quel dramedy ad alto tasso emozionale
Tutto Chiede Salvezza, e quel dramedy ad alto tasso emozionale

ROMA – Quando ti scontri con un libro, un film o una serie che sembrano parlarti, quasi ad anticipare i tuoi pensieri, ogni parola aggiunta potrebbe essere un orpello non richiesto. Insomma, perché aggiungere qualcosa quando c’è già tutto? Però poi, fermandoci a riflettere, l’illuminazione: cosa vuol dire tutto? E soprattutto, è davvero tutto qui? Un corto circuito celebrale che potrebbe portare ad un’implosione emozionale e, di conseguenza, ad un’alterazione delle prospettive. Qualcuno la chiama depressione, per altri sono crolli psico-fisici che, con violenza, ci trasportano in una sorta di dimensione parallela. Potremmo chiamarla multiverso, visti i tempi, o più semplicemente potremmo immaginarlo come uno spazio oscuro in cui ci dimentichiamo chi siamo, con il dolore che finisce per schiacciare ogni nervo. Dunque, per spiegare quanto siano essenziali e folgoranti i sette episodi di Tutto Chiede Salvezza, citiamo le parole del regista e sceneggiatore, Francesco Bruni: “Dal dolore si può uscire, e uscire migliori. Anche nel momento più buio può fare capolino la speranza, si può ridere pochi istanti dopo aver pianto e piangere poco dopo aver riso.”

Ecco, il concetto di dramedy riassunto – di cui Bruni è maestro assoluto –, per tradurre in forma seriale l’omonimo romanzo autobiografico di Daniele Mencarelli. Perché è il dolore che accende i nostri anfratti più nascosti, ma è l’amore che finisce per muoverci e spingerci alla ricerca di quella speranza perduta. In questo senso le sette puntate che compongono la serie Netflix sono emblematiche per il crescendo emotivo: un episodio per ciascuno dei sette giorni di TSO a cui Daniele (Federico Cesari, la generazione Skam non mente: straordinario) deve sottostare dopo una crisi psicotica. Isolato dal mondo e in apnea costante, e con una finestra chiusa che si affaccia sul mare, il ragazzo si trova ad affrontare i suoi demoni interiori, intraprendendo un viaggio inaspettato che si rivelerà quanto mai catartico. Con lui, tra i corridoi freddi della clinica, uccellini risorti e una sigaretta che sa di normalità, un gruppo disfunzionale di compagni di viaggio: Gianluca (Vincenzo Crea), Mario (Andrea Pennacchi), Giorgio (Lorenzo Renzi), Madonnina (Vincenzo Nemolato), Alessandro (Alessandro Piacioni). Ma soprattutto c’è Nina (Fotinì Peluso) che, forse, nella sua totale sconnessione esistenziale, può riportare l’equilibrio nella vita di Daniele.

Così, nella sua marmorea scrittura (oltre al tocco di Bruni c’è quello di Daniele Mencarelli, Daniela Gambaro, Francesco Cenni) e nella sua regia capace di sfruttare a pieno il senso del montaggio (Alessandro Heffler, Luca Carrera), Tutto Chiede Salvezza è la prova narrativa di quanto la vita possa essere declinata in un senso lieve e poetico, spingendoci a ricercare (anzi, a recuperare) le cose bella della vita. Quali? Di certo non è una recensione a doverlo spiegare, ma senza alcun dubbio la serie – pur partendo da una natura drammatica – è una parabola tracciata con cuore ed onestà, portandoci a riflettere sulle nostre sfumature, sui nostri compromessi, sulla nostra rabbia. Perché, in un girotondo sgraziato di anime disperate, si può cogliere il senso stesso della vita. Una vita sull’orlo del baratro ma salvata da un abbraccio; una vita ramificata in un racconto che parla alla nostra anima, tra uno schiaffo e una carezza. Mischiando le lacrime alle risate, come sa fare la grande scrittura narrativa. Cosa resta, alla fine? Una meravigliosa e ritrovata leggerezza. Che, guarda caso, fa rima con salvezza.

Qui il trailer di Tutto Chiede Salvezza:

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