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Silver: «La modernità di Lupo Alberto, tra Woody Allen e Paolo Villaggio»

In occasione dell’ARF! Il Festival del Fumetto di Roma abbiamo intervistato il “padre” di un mito

Un mito senza tempo: Lupo Alberto by Silver
Un mito senza tempo: Lupo Alberto by Silver

ROMA – «Negli Anni Novanta se a scuola avevi il diario di Lupo Alberto le professoresse ti guardavano male…». Confermiamo: chi scrive ha avuto alle elementari il diario del “Lupastro” e, grazie a Guido Silvestri in arte Silver, ecco che si è sbloccato il ricordo di quando le maestre adocchiavano in modo guardingo lo sguardo sornione e beffardo di un personaggio iconico. Il motivo di tanta diffidenza? «Lupo Alberto è un personaggio di rottura, già l’indossare ogni tanto una giacca di pelle lo rendeva nell’immaginario bigotto una sorta di bullo…», ci dice proprio Silver, che abbiamo avuto il piacere di intervistare in occasione della Lectio Magistralis tenuta in uno dei gremiti spazi di ARF! Il Festival del Fumetto di Roma 2022. Una chiacchierata in cui l’autore ha raccontato quanto oggi sia impossibile dare ipoteticamente vita ad una figura come quella che ha creato nel 1973, ma anche di quanto sia stato influenzato dall’umorismo raffinato di certi artisti. Uno tra tutti, Woody Allen.

lupo alberto
Evoluzione di un Lupo

Guido, oggi potrebbe nascere Lupo Alberto?
«Con le stesse modalità, no. Sicuramente no. Le arti subiscono delle colonizzazioni, e la mia generazione è stata colonizzata dai prodotti americani: il boom economico, il Dopo Guerra, con le mie strisce che potevano essere tranquillamente pubblicate da qualche testata USA, perché si rifacevano a quello stile lì. Oggi si guarda ad altre confezioni, come i fumetti orientali. Ho sempre pensato sia importante osservare le cose tramite un modo diverso di far ridere. E dunque oggi possono nascere tante cose, ma non Lupo Alberto. Sarebbe anacronistico».

Lupo Alberto e tutti i personaggi della Fattoria Mackenzie
Lupo Alberto e tutti i personaggi della Fattoria Mackenzie

Torniamo al 1973: avresti mai immaginato tutto questo successo?
«No, perché il mio sogno da ragazzo era fare l’autore di spot pubblicitari come quelli che all’epoca andavano su Carosello. Tipo i Fratelli Pagot o Calimero, ma soprattutto Bruno Bozzetto. Vidì al cinema West and Soda a dieci anni e fui fulminato. Era un’opera fuori dai canoni. Ti racconto una cosa: abitavo fuori Modena e immaginavo la mia vita in un grattacielo di Milano a fare pupazzetti. Ma non per diventare famoso, ma per inventare le figure per gli spot richieste da qualche “cummenda”. Il successo mai l’avrei immaginato, nemmeno nella mia più folle ambizione».

E il genio di Enrico la Talpa...
E il genio di Enrico la Talpa…

E invece il cinema o la serialità? Influiscono sulle tue strisce?
«Le serie tv le apprezzo abbastanza, nonostante la sala cinematografica sia insostituibile. Mi piacciono quelle umoristiche, sono un fan di Friends, o quelle più intimistiche. Non mi piace il fantasy, questo no. Invece il cinema di oggi, per quanto mi riguarda è molto deludente: sembra continui a creare spin-off di sé stesso. Inutile parlare di Marvel o DC, questo non è il cinema che amo. Mi sono formato sulla commedia brillante americana, alla Woody Allen, oppure penso alle commedie di Neil Simon. Amo le opere che siano originali ed umoristiche, con una loro vena intelligente e che non si rifacciano a personaggi con super poteri. Seguo anche il cinema indipendente americano, che oggi ha perso un po’ di potenza. E adoro i Fratelli Coen, perfetti nel raccontare la provincia americana squallida e amara».

Un umorismo che hai portato in Lupo Alberto. Anche le prime tavole sono attuali, così come l’umorismo di Woody Allen.
«Sono cresciuto leggendo i libri di Wodehouse, emblema della commedia sofisticata. Da lui arrivo a Woody Allen e Paolo Villaggio, che sono stati i miei punti di riferimento. Insomma, Enrico la Talpa fondamentalmente è Paolo Villaggio…»

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