ROMA – Margherita e Carlo sono come due palline impazzite che sfrecciano veloci su di un piano inclinato. Un piano che si fa sempre più ripido, più pericoloso. Margherita e Carlo non accennano a fermarsi: è impossibile frenare la loro corsa forsennata, dopo quel “malinteso” che ha stravolto l’equilibrio. Mentre corrono, però, Margherita e Carlo si sfiorano, si scheggiano, creano quelle scintille capaci di infiammare la loro vita (non solo sentimentale) e, di riflesso, anche quella di coloro che dovrebbero (condizionale è d’obbligo) stare fuori dalla coppia. Tra l’altro coppia suggellata, come si dice, dall’inviolabile vincolo del matrimonio. Ma sì sa, la felicità fa rima con fedeltà e le promesse vanno a farsi benedire. E dunque ecco che di botto i compromessi non bastano più, facendo crollare il castello incantato.

Passione, gelosia, complicità, ossessione, in una Milano che fa da silenziosa cornice. In mezzo, il tormento di un uomo e una donna, che provano a mantenere stabile un equilibrio marcatamente selvaggio. Ecco su cosa gira Fedeltà, la limited series di Netflix in sei episodi tratta dall’omonimo romanzo di Marco Missiroli (Einaudi), scritta da Alessandro Fabbri, Elisa Amoruso e Laura Colella, con la regia alternata di Andrea Molaioli e Stefano Cipriani. Già perché da una parte c’è Margherita, architetto diventata agente immobiliare, dall’altra Carlo, scrittore e professore. Condividono un (bel) monolocale ma ambiscono ad un bellissimo appartamento su Corso Concordia. Si amano, si desiderano e pare che non ci sia nulla che li possa scalfire. Eppure, sotto sotto, e fuori dalla loro intimità, c’è altro: gli occhi dolci di una studentessa o il sorriso enigmatico di un fisioterapista. Qual è il confine da non oltrepassare mai? Qual è la differenza tra malinteso e istinto emozionale?

Domande su domande a cui provano a rispondere i protagonisti di Fedeltà, Lucrezia Guidone e Michele Riondino. Fin dalla prima sequenza capiamo immediatamente che la forza della serie risiede soprattutto sulla loro incredibile alchimia. Perfetti nei ruoli, riescono ad esaltare una scrittura lineare adiacenti ai canoni melò, riempiendo gli episodi con una carica emozionale non indifferente, e di conseguenza altamente vincente. Traspare (e non è cosa comune) quanto si siano “divertiti” a farci velatamente paura, costruendo uno specchio in cui è facile scovare quelle sfumature che credevamo non appartenessero al nostro background. E infatti non sono pochi i brividi che ci percorrono la schiena quando Margherita e Carlo arrivano al punto di non ritorno, segnato da una telefonata inopportuna in un orario inopportuno.

Da quel momento in poi Fedeltà implode, Carlo e Margherita cambiano prospettive e con loro i personaggi che orbitano attorno al loro nucleo amoroso: se il fisioterapista Andrea (Leonardo Pazzagli) pare essere un escamotage per Margherita, è l’aspirante scrittrice Sofia (Carolina Sala) ad alterare lo status della coppia, vedendo in Carlo un astratto punto di riferimento a cui ispirarsi concedendosi sentimentalmente. Chiaro, a guardar bene né Sofia e né Andrea sono gli artefici della crisi tra i due protagonisti. Del resto, come spesso accade, c’è qualche altra cosa sedimentata (e sottovalutata) che inconsciamente li perseguita, ammaccando poco a poco un rapporto che appare inossidabile. Appare, appunto: perché la fedeltà non esiste se non siamo fedeli, prima di tutto, con noi stessi.
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Qui la nostra intervista a Lucreazia Guidone e Michele Riondino:
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