in

Cowboys | Il viaggio di Steve Zahn e quel western umano e contemporaneo

Il Montana, una fuga e un altro mondo: perché è un inedito da recuperare in streaming

Cowboys, l'inedito da vedere in streaming su CHILI
Cowboys, l'inedito da vedere in streaming su CHILI

MILANO – Nei primi fotogrammi di Cowboys – inedito in sala, arrivato ora in streaming su Prime Video – si ha la sensazione di essere quasi dentro uno spin-off di Captain Fantastic. I pini del Montana ricordano i boschi dello stato di Washington (e del resto siamo nella facciata orientale delle medesime Montagne Rocciose) e il protagonista, Troy (Steve Zahn), ha modi e acconciatura del tutto simili a quelli del Ben Cash di Viggo Mortensen. Oltre tutto, sia lui che la ex-moglie Sally (Jillian Bell), sembrano essere presi dalla famiglia-nemesi di quella protagonista del film di Matt Ross: la Bell è quasi una sosia di Kathryn Hahn (allora sorella “normale” della famiglia), mentre l’ottimo Zahn (attore troppo spesso sottovalutato) è proprio lo stesso attore che in Captain Fantastic interpretava suo marito.

Steve Zahan e Jillian Bell in Cowboys
Steve Zahn e Jillian Bell in Cowboys

Tuttavia, le inquadrature larghe sui paesaggi, il titolo, e quel fischiettio presente sin da subito nel commento musicale (che bello, firmato da Gene Back), ci fanno capire che è con le lenti a contatto del western che dobbiamo guardare a questo film, anche se è ambientato ai giorni nostri (la pellicola è del 2020), e anche se il personaggio attorno a cui ruota la vicenda è Joe (Sasha Knight), una bambina di dieci anni – la figlia di Sally e Troy – che la madre vede come un “maschiaccio”, ma che in realtà si sente proprio maschio ed è dunque un bambino, declinato al maschile, intrappolato nel corpo di una bambina e soffocato dai ruoli assegnati degli stereotipi di genere (femminile) a cui la madre vorrebbe tanto che si attenesse senza rompere troppo le scatole.

Sasha Knight è Joe
Sasha Knight interpreta Joe, bambina che si sente bambino.

A tentare di salvarl* dalla prigione binaria sarà il padre, un uomo istintivo, con un grande cuore e senza nessuna cultura di tipo tradizionale, che nel passato aveva avuto anche qualche piccolo guaio con la legge, motivo per cui ha sfasciato il matrimonio e può vedere il/la figlio/a solo qualche volta nel fine settimana, per gentile concessione della ex-compagna. Joe e Troy svilupperanno una complicità giocosa, ma molto profonda, che li porterà addirittura a scappare insieme, per vivere un’avventura paradossalmente da “uomini veri” a cavallo, proprio come gli eroi dell’amato West in fuga dalla legge, con l’obiettivo ultimo di oltrepassare il confine del Canada, un novello El Dorado a portata di mano per quelli come loro, a solo un paio di giorni di cavalcata.

Una scena di Cowboys
Padre e figli*: un’altra scena di Cowboys.

Dal punto vista del genere, a questo punto, Cowboys diventa piuttosto interessante perché è un western straordinariamente anomalo – potrebbe essere inserito nel filone revisionista – ma è anche un buddy movie anomalo padre-figli*, e un on the road che nell’ultima parte vira verso un vecchio thriller come Il fuggitivo con Harrison Ford (ve lo ricordate?), aggiungendovi note poliziesco-drammatiche nello stile di Un mondo perfetto di Clint Eastwood (curiosamente, entrambi questi film sono del 1993). Il punto di critica centrale, consiste nel mostrarci il modo distorto in cui un certo tipo di società conservatrice e bigotta reagisce alle novità e come questa ostilità non abbia nessun fondamento in qualcosa di spontaneamente naturalistico, ma sia unicamente frutto della cultura dominante del sistema sociale vigente.

Sasha Knight e Jillian Bell in Cowboys
Madre e figli*: Sasha Knight e Jillian Bell in Cowboys

Per questo, dopo un’esistenza passata ad inseguire un modello di vita tranquilla e al riparo dalle difficoltà, la madre di Joe, di fronte alla natura del/della figlio/a, si trova in uno stato psicologico alterato che varia tra la negazione e la non-accettazione: reagisce mettendo paletti, imponendo divieti per porre freni all’inevitabile e cercando capri espiatori a cui addossare la colpa di quella che lei considera una deviazione. Dall’altra parte, invece, ci sono il padre e il West, le figure mitologiche, gli uomini liberi, più vicine alla genuina natura che Joe vorrebbe vivere, un sogno da realizzare in uno scenario incontaminato in cui poter essere ciò che si vuole essere. O che ci si sente di essere. Ricostruendo tutto da zero. E proprio questo è il classico mito della frontiera, della fuga doverosa e drammatica degli emarginati e degli incompresi che vanno via provando a farsi eroi di qualcosa che ancora non c’è.

Ann Down nel film
Ann Down, la poliziotta che cerca i fuggiaschi in Cowboys.

Ed ecco che si parte, allora, alla ricerca di quel West, come fece già nel 1972 il Jeremiah Johnson di Robert Redford in Corvo rosso non avrai il mio scalpo (che abbiamo già analizzato qui). Ma questa volta l’esito è diverso, perché se è vero che la natura non giudica e permette a ciascuno di essere quello che è, rimane altrettanto vero che quella natura inesplorata raccontata dall’epopea western non c’è più, non esiste. Quegli spazi sono ormai uogo per turisti avventurosi e, ben che vada, scenografie per romanzi, fumetti e fiction. Da questo mondo, sembra dirci la regista Anna Kerrigan, non si può scappare. Un bosco può essere un rifugio per una notte, ma alla fine qualcuno arriverà a riportarci nel mondo reale, l’unico che possiamo e dobbiamo affrontare. Il mondo è solo questo, quello con cui dobbiamo scendere a patti perché è disposto a uccidere per non lasciarci andare e che ci farà pagare le conseguenze dei nostri atti, ma che – e qui probabilmente c’è un eccesso di ottimismo, nel finale – grazie alla nostra azione cambierà, spostando l’asticella del progresso qualche millimetro più avanti. Una bella sorpresa.

  • Volete tornare nel West? Qui la nostra rubrica WEST CORN
  • VIDEO | Il trailer di Cowboys:

 

 

Lascia un Commento

Django Unchained | Jamie Foxx, Sergio Corbucci e il western dei sogni di Tarantino

Ogni maledetta domenica

Ogni Maledetta Domenica | L’arte della guerra di Al Pacino e quel cult da amare e rivedere