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Da Scorsese a Joaquin Phoenix | Perché dovreste rivedere Re per una Notte

Todd Phillips si è ispirato anche a Taxi Driver per il drammatico ritratto del clown di Gotham City

Robert De Niro in Re per una Notte, disegnato nella versione Joker. Rivisitazione grafica di Hot Corn.

ROMA – C’è Rupert Pupkin, con quel nome che sembra uno scioglilingua. A metà tra l’irresistibile e il fastidioso. C’è Travis Bickle, altro nome ridicolo, che ricorda tanto quel compagno di classe dell’ultimo banco, un po’ strano, con cui nessuno parlava. Finito, oggi chissà dove. E c’è Arthur Fleck, anch’esso con una K nel nome e con un destino segnato da un sogno troppo grande. Tutti e tre nella New York che ritorna ad essere una brutale e perversa Gotham. Quando nelle strade, tra gli Anni Settanta e Ottanta, di notte, fuori orario, accadevano cose mai viste.

Ridi, pagliaccio!

Allora, la connessione (pubblicamente ammessa) da Todd Phillips, tra il suo Joker (indipendente da tutti gli altri film DC) e i capolavori di Martin Scorsese – Taxi Driver e soprattutto Re Per Una Notte – non solo è forte, ma è anche organica, necessaria. Ed è folgorante, grazie alla riscoperta di Joker,  l’importanza di The King of Comedy, dove Robert De Niro, stand-up comedian fallito e borioso, in preda ad un’ossessione lucida e squilibrata, rapiva Jerry Lewis, ottenendo sul palco di uno show dieci minuti di gloria.

Ladies and gentlemen: Rupert Pupkin!

«Ognuno di noi può avere quello che vuole: purché sia disposto a pagare il prezzo», ripete il suo Rupert Pupkin, tanto stridulo quanto arrabbiato, vittima di una società che ha perso l’attitudine all’ascolto e all’attenzione, seppellendo l’American Dream sotto una montagna di slogan luminosi, messi lì ad illuminare le facce di chi passa frettoloso nella sudicia Time Square del 1983. Due anni prima, Arthur Fleck, ha il suo stesso sogno: far ridere la gente, spezzare la maledizione che si porta dietro l’America post-Vietnam, riassunta da Scorsese nel Travis Bickle di Taxi Driver, altro paragone che Todd Phillips ha tenuto a mente, scrivendo la sceneggiatura di Joker insieme a Scott Silver.

Ma, il povero Arthur Fleck, sprofonda, cade a terra, viene pestato. Letteralmente e metaforicamente, finendo per truccarsi come uno deprimente clown, in giro per Gotham a sventolare uno stupido cartello giallo. Joaquin Phoenix da una parte, Robert De Niro dall’altra, prima di riprendere solo idealmente il ruolo di Rupert Pupkin in Joker, incrociando le pagine di un libro di storia; facendo sì che, in un’era in cui abbiamo già visto tutto, ci sia davvero un evento al cinema in grado di catalizzare a sé l’attenzione.

Jerry Lewis, De Niro e Martin Scorsese in una foto in bianco e nero dal set di Re per Una Notte

Re Per una Notte, uno dei lungometraggi più insoliti e sottovalutati di Scorsese, è una commedia nera che non fa quasi mai ridere, ritraendo la triste realtà di chi ce la mette tutta pur di rendere straordinaria la propria vita, cogliendo alla perfezione – e forse per questo fu allontanato – la precisa epoca in cui arrivò al cinema. Troviamo l’adorazione delle celebrità, la cultura mediatica americana, in un’onestà di pensiero che smuove lo spettatore, obbligandolo a riflettere, a fare quelle domande che un certo cinema deve assolutamente porre, per allontanarsi da una crisi che c’è, che si sente.

Robert De Niro è Murray Franklin in Joker

Così, Re Per Una Notte, che Scorsese ha girato su soggetto di Paul D. Zimmerman, spinto dalla voglia di De Niro di interpretare Pupkin, mostra la gente arrabbiata dietro alle aspirazioni sgretolate, mentre il mondo cambia, osannando il trucco di falsi miti. E se il viscido Pupkin fosse solo una vittima? Pensiamo ogni tanto, a guardare un avvilente De Niro. E se il Joker, arci-nemico del Cavaliere Oscuro, sia invece il frutto lasciato marcire, perché diverso da una folle idea di perfezione? De Niro, che in Joker da volto a Murray Franklin (altra k, e siamo a quattro…), presentatore di un talk show, ha definito il ruolo «Un omaggio» e che «C’è una connessione, ma non una connessione diretta al Pupkin di Scorsese».

I riflessi del Joker

E, come se non bastasse, ad impreziosire l’omaggio e l’influenza di Scorsese, è chiaro il rimando visivo tra la camicia di Joaquin Phoenix, nell’emblematico poster e in una scena visibile già dal trailer, e la giacca indossata da De Niro, nell’atto finale della sua discesa nell’assurdo. Infatti, come lucidamente ammette, Pupkin, stanco di sentir storpiato il suo nome complicato, «Domani capirete che non stavo scherzando e penserete: “Quello è matto!”. Ma vedete, io la penso così: meglio re per una notte che buffone per sempre!». E allora, su il sipario, signore e signori, perché come riderete questa volta, non riderete mai più.

  • OPINIONI | Qui la nostra recensione di Joker.

Qui potete vedere il trailer di Joker:

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