MILANO – Adi Shankar, il regista e produttore cinematografico famoso per il suo approccio satirico alla cultura pop e al revisionismo, ha colpito ancora. Questa volta, dopo aver passato al vaglio la serie Power Rangers e le insidie del giornalismo, è il turno di uno dei fenomeni più in voga del momento: il mondo dei supereroi. E non quelli meno conosciuti. The Guardians of Justice, in streaming su Netflix, è una vera e propria parodia dei più famosi eroi Marvel e DC. Parodia nel senso più alto del termine visto che non mancano le gag comiche ma la storia che intreccia è presa davvero sul serio.

Siamo nel 1987. Il mondo è stato cambiato dall’arrivo, quarant’anni prima, di un alieno invincibile che ha assunto il compito di proteggere la Terra e Nixon gli ha affiancato un gruppo di supereroi per aiutarlo nell’impresa. Tutti si sentono al sicuro, finché Marvelous Man – questo il suo nome – non commette suicidio in diretta tv. Laura Louis grida all’omicidio, mentre i Guardians of Justice devono ora proteggere l’umanità da soli. E non è per niente un compito facile: dalla scomparsa di Marvelous Man, il mondo sembra andare a rotoli.

Nei corridoi del potere si gioca al rischio di un disastro nucleare, i Cyborg T-Rexes attaccano la Siria, una massiccia frana di fango minaccia l’India, il terrorista The Scottish Skull ha dirottato un sottomarino della marina statunitense e per le strade di Los Angeles si diffonde una nuova droga chiamata Mellow Devil. Marvelous Man avrebbe affrontato tutto in un batter d’occhio, ma i Guardiani? Quelli del titolo sono, alla fine, la Justice League. Superman, Batman, Wonder Woman, The Flash, Aquaman; Gotham diventa Carnegie City, con un clown assassino molto simile a Joker e un milionario malefico come Lex Luthor.

Non è necessario avere una conoscenza estensiva dell’universo dei fumetti per godersi The Guardians of Justice, ma è innegabile che i tanti rimandi, citazioni e battute si dilettano ad essere sullo schermo per quella parte di pubblico che semplicemente “sa”. Lo stile? Forse solo Adi Shankar poteva mettere in piedi un mix così articolato: nei suoi sette episodi da trenta minuti, la serie sfoggia ben otto diversi stili di animazione. Oltre al live-action preso direttamente dai B-movies degli anni Ottanta, filmati stock manipolati, interferenze a 8-bit, stile anime, le didascalie dei fumetti, animazione 3D e tanto preso dai videogiochi, tra barre di salute che compaiono sopra lo schermo e annunci di Boss Battles.

Qualsiasi spettatore anche solo lontanamente geek o nerd coglierà riferimenti che spaziano dalla cultura pop degli anni Ottanta e Novanta fino ai videogiochi. C’è comunque gusto a seguire la storia che Shankar architetta, un whoddunit in cerca del vero colpevole, ma ogni tanto passa in secondo piano rispetto al folle caos al lavoro nel suo universo. Una così grande accozzaglia di rimandi forse non si era mai vista ed è una ventata di originalità, specialmente ora che i cine-comics hanno acquistato una notorietà tale da creare un impero a sé stante. Un’esperienza a dir poco particolare che non si può fare altro se non consigliare a tutti.
- Scoprite qui la sezione dedicata alle Serie TV
- NEWSLETTER | Iscrivetevi qui alla newsletter di Hot Corn!
Qui il trailer di The Guardians of Justice:
Lascia un Commento