ROMA – Inclusiva, divertente, spettacolare, rivelatrice. In Ms. Marvel, ideata da Bisha K. Ali per Disney+, c’è stipata tutta la poetica dell’MCU. Una serie in sei episodi capace di riassumere i motivi per cui l’Universo Marvel è così amato; e li riassume mettendo al centro della storia una ragazza pakistana che ama alla follia Captain Marvel. Vorrebbe essere come lei, o meglio, vorrebbe essere “notata” dalla sua famiglia e a scuola. Kamala Khan, interpretata dalla brava Iman Vellani, è l’underdog per eccellenza, una outsider di Jersey City con pochi amici e molta immaginazione. Insomma, come Peter Parker, Kamala è la normalità riconoscibile che si presta ad uno scenario dai risvolti impossibili e folgoranti. Disegna continuamente la sua eroina del cuore, colleziona cimeli degli Avengers e, davanti lo specchio, prova e riprova il costume da Carol Danvers, che vorrebbe sfoggiare durante l’atteso AvengersCon.
Peccato però che i cosplay non si sposino con una certa tradizione pakistana, e allora insieme all’amico Bruno (Matt Lintz) escogita un piano (in)fallibile che dovrebbe permetterle di partecipare al raduno, in barba alla sua famiglia brontolona e conservatrice. Le cose, però, non vanno esattamente come sperato: ogni cosplay aggiunge un tocco personale al costume, e Kamala decide di indossare uno strano bracciale pakistano trovato in soffitta. Potrebbe dare al suo outfit un tocco esclusivo, permettendole di ottenere il premio per il miglior costume. Ma quel bracciale, guarda caso, darà a lei quei super poteri che ha sempre sperato di avere, e che ora deve imparare a gestire. Ed ecco qui che torna il mantra di Zio Ben: “Da ogni potere derivano grandi responsabilità”.
Una frase diventata iconica e che si sposa perfettamente con la narrativa di Ms. Marvel che, grazie all’estro registico di Adil El Arbi e Bilall Fallah (sono i registi di Bad Boys For Life!), ci porta dritti dritti in quella che potrebbe essere la miglior serie Marvel legata alla storyline dell’MCU, o almeno quella più significativa, prestandosi ad essere un alternativo divertissement che illumina aspetti e linguaggi del Pakistan e della comunità pakistana negli USA, oltre ad essere un coming-of-age in maschera. Il motivo principale, come detto, sta nella figura di Kamala Khan (introdotta editorialmente nel 2014, nel pieno della ristrutturazione inclusiva dello storyteller Marvel Comics), in grado di sintetizzare i tratti di una generazione in balia di paure, di ansie, di tormenti, trovando un ideale rifugio nel sogno assoluto dei supereroi. Quelle figure mitiche che, nella Terra 616 dei fumetti e del cinema, sono la speranza tangibile a cui aggrapparsi quando le cose non vanno per il meglio.
È facile allora rispecchiarsi in Kamala – soprattutto per il pubblico teen –, che ha una vita tanto ingarbugliata quanto colorata. E sono proprio i colori ad essere una delle parti più interessanti della serie: fin dall’incipit, introdotto da un pezzo strepitoso come Blinding Lights di The Weeknd, il mondo di Kamala è un susseguirsi di sprazzi colorati, di proiezioni immaginarie, di trovate visive che riempiono la testa – e quindi la sceneggiatura – della protagonista, riversando quelle stesse proiezioni sulla sua placida e canonica quotidianità. Almeno fino al cliffhanger a chiudere il primo episodio e che, di fatto, ci porta al fianco di un’eroina moderna, pop, umana, inconsapevole. E, per questo, decisamente meravigliosa.
- Moon Knight: la recensione
Qui il trailer di Ms. Marvel:
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