MILANO – In principio la domanda era «In quale epoca?», poi si è trasformata in «In quale mondo?». Quello che può essere considerato un manifesto della fantascienza ha alzato esponenzialmente l’asta per il genere sci-fi attraverso una storia perfettamente diretta, straordinariamente ben scritta (e pianificata sin dal primo episodio) e con perfomance notevoli. Dark viaggia nel tempo in un arco di circa duecento anni, tra la Particella di Dio, una centrale nucleare, l’Apocalisse e la multidimensionalità. Così, la serie di tre stagioni creata da Baran bo Odar e Jantje Friese per Netflix, ambientata nella cittadina di Winden, è una storia corale che non solo gira attorno a più personaggi, ma anche a più epoche e più dimensioni, dove però tutto è sempre collegato.

Erroneamente considerata da molti, all’inizio, come una copia di Stranger Things, si è rivelata essere un viaggio esistenziale che tocca anche le sponde più nascoste della natura umana.
L’intera origine di Dark è l’amore di un padre per suo figlio, che nella disperata ricerca per riportarlo in vita crea inavvertitamente due nuovi mondi e un loop infinito, l’Apocalisse e una sofferenza senza fine. Per contro, l’amore di una madre per la figlia e il desiderio che continui a vivere è ciò che riesce a rompere quel loop e riallineare i mondi. L’amore che quei genitori nutrono per i propri figli ha l’abilità di creare e distruggere mondi, di fermare l’Apocalisse e di darle inizio, ed è la vera forza che guida gli eventi. Ma sono solo.

Perché tra il paradosso della predestinazione, quel Sic mundus creatus est che è la porta d’accesso a tutto, e l’arco sacrificale di Jonas e Martha per sfuggire al destino di diventare Adamo ed Eva, l’idea che sta alla base è l’orribile pensiero che il nostro destino sia già stato deciso e non c’è niente che possiamo fare per modificarlo. Persino i giovani protagonisti, nonostante gli sforzi per cambiare un passato che non può essere riscritto, non riescono ad alterare ciò che è destinato ad essere. Anche quando pensano di essere finalmente riusciti ad agire secondo la loro volontà, sono in realtà sempre guidati da un qualche potere superiore che gioca tra i due mondi. La folle domanda che tutti prima o poi ci poniamo sulla possibilità di cambiare qualcosa attraverso le nostre azioni sembra essere inutile e non avere importanza.

Dark si fa guardare con un morboso desiderio di arrivare fino alla fine ma anche uno straziante sentimento di fatalità che non lascia spazio a nessuna possibilità di riscatto. È una di quelle serie che lascia una forte impressione su chi guarda. Anche quando i protagonisti pensano di poter cambiare qualcosa, in realtà non stanno facendo niente. Tutto ciò che connette quei mondi e quelle dimensioni in cui è difficile tenere traccia di parentele e legami è predestinato e – soprattutto – collegato. La storia di Jonas, Martha, Noah e tutti gli abitanti di Winden parla agli spettatori, parla al loro passato e anche al futuro. «L’inizio è la fine, la fine è l’inizio». In mezzo, c’è il viaggio di tutti noi.
Qui potete vedere il trailer di Dark 3:
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