MILANO – Una storia drammatica piena di dolore, una storia (purtroppo) vera che prende il via dalla tragedia dell’amianto a Monfalcone, città di cantieri dove decine di persone sono morte a causa dell’esposizione all’amianto. «Costruirono le stelle del mare. Li uccise la polvere, li tradì il profitto» c’è scritto oggi sotto al monumento alle vittime, nel quartiere di Panzano. Valentina Carnelutti interpreta una vedova dell’amianto, Angela, nel film di Ivan Gergolet, L’uomo senza colpa, in cui vediamo la donna fingersi badante dell’imprenditore che ha causato la morte del marito. Cerca vendetta, ma troverà altro. Della storia e della sua (potente) interpretazione, noi di Hot Corn abbiamo voluto parlare con l’attrice, per capire di più la genesi di un film forse poco celebrato, ma molto valido. Ecco cosa ci ha raccontato.

LA MIA ANGELA – «Quando ho letto la sceneggiatura, Angela mi è sembrata una donna come in teoria ce ne sono molte. Una donna che lavora, una madre, una vedova. Una donna sola. Una vittima di una società che non si prende cura dei suoi elementi. In questo caso, una vedova dell’amianto, come si chiamano le donne che perdono i mariti a causa dell’amianto. Poi mentre lavoravo al personaggio, ho capito che Angela in realtà è molto, molto di più. È tutte queste cose insieme, sì, ma è anche una persona che a causa del danno subito rasenta la follia mentale. Si interroga sulla vendetta e sulla possibilità della pace, anche nel perdono. Ed è una donna che si fa un mazzo così, giorno dopo giorno…».

LE MIE ISPIRAZIONI– «Prima di girare il film, un’attrice a cui ho pensato tanto e che amo molto è Isabelle Huppert, perché ha la capacità – e anche il coraggio – di raccontare personaggi al limite della follia, della perversione, anche di un’apparente cattiveria. Come Angela. In generale però non ci sono attrici a cui mi ispiro. Sì, ci possono essere film in cui mi viene in mente una particolare interpretazione di qualcuno, ma la verità è che cerco di prendere e rubare pezzetti di gesti, frasi o toni dalle persone reali. Sì, è più la realtà a ispirarmi che non il cinema…».
IL PERSONAGGIO – «Credo di essermi preparata per interpretare il ruolo di Angela tutta la vita, è come se avessi avuto la possibilità di mettere al servizio del mio mestiere una quantità di sentimenti, pene, dolori ed esperienze che nella vita mi sono toccate. Sono una madre single, il padre delle mie figlie è morto, quindi so cosa vuol dire crescere due bimbe senza il padre. In qualche modo è quello che succede anche ad Angela. Ho fatto mille lavori diversi, perché all’inizio della carriera non era scontato riuscire a mantenermi facendo l’attrice. E purtroppo conosco la malattia e la morte. Quindi la preparazione è stata la mia vita…».

IL MESSAGGIO – «Non credo ci sia un unico messaggio ne L’uomo senza colpa. Sicuramente c’è la volontà di sollevare la questione dell’amianto, perché è una questione che ancora non è risolta. Ci sono vittime, ci sono processi non finiti, ci sono processi per cui i colpevoli sono stati assolti. Quindi il tema dell’amianto è un tema enorme. Il messaggio che mi porto a casa però è che la pace tra due persone è sempre possibile. Anche quando i torti sono terribili. Attenzione però: perché ci sia il perdono si deve passare per il riconoscimento del torto…».
IL REGISTA – «Ivan mi ha dato una fiducia immensa. Mi ha scelta senza chiedermi un provino e questa cosa ti dà un senso di adesione immediata perché vuol dire che l’altro già ti vede capace di fare quella cosa. E naturalmente, quando qualcuno ci considera capaci, diventiamo capaci. Mi ha dato il coraggio di mostrare aspetti che che non ero sicura di saper mostrare. Angela è un personaggio controverso: è perversa ad un certo punto, c’è in lei un erotismo doloroso che non era facile trovare. Quando interpreti un sentimento, in qualche modo ammetti di conoscerlo e anche solo ammettere di conoscere quel desiderio è una cosa che richiede di sentirsi al sicuro. Ecco, Ivan mi ha fatta sentire al sicuro…».

IL FILM CHE CONSIGLIO – «Visto che è per i lettori di Hot Corn, quindi persone che amano il cinema e vogliono saperne di più, è inutile che citi titoli che tutti conoscono. Quindi dico un film che in realtà è un documentario che si chiama The Wolfpack di Crystal Moselle. È la storia di una famiglia con sette figli i cui genitori decidono di crescerli in casa, senza farli mai uscire. Quindi questi neonati, poi bambini, poi adolescenti, vivono la realtà solo all’interno delle mura di casa. E imparano a leggere la realtà solo guardando film, quindi tutto quello che loro sanno del mondo esterno è dal cinema. Un documentario? Sì, ma in realtà è anche un film sul cinema…».
- VIDEO | Qui il trailer de L’uomo senza colpa:
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