MILANO – «Fade In. Int. Restaurant – Morning (Present Day). Louise is a waitress in a coffee shop. She is in her early-thirties, but too old to be doing this». Inizia tutto così, da queste due frasi, le prime di una sceneggiatura che sarebbe diventata Thelma & Louise, diretto da Ridley Scott. Due donne, una fuga, un film che diventò un manifesto femminista (in tempi non sospetti) e che additava una società profondamente maschilista in cui per le donne era difficile, se non impossibile, essere ciò che volevano essere. Senza futuro, accanto a compagni mediocri e sottomesse a preconcetti, alcune decidevano di liberarsi dalle catene che le opprimevano. «Ci si aspettava che tu fossi meno di quello che eri. E ci si aspettava che ne fossi contenta». Ma come mettere tutto questo in una sceneggiatura? Ci pensò una trentaquattrenne senza esperienza, che di cinema non sapeva nulla: Callie Khouri. Era il 24 maggio 1991 quando nelle sale degli Stati Uniti uscì Thelma & Louise, road movie che cambiò tutto senza saperlo, una ricerca della libertà più pura che però – dietro a quel semplice viaggio – nascondeva decine e decine di sottotesti.
Ma andiamo con ordine e mettiamo in fila gli elementi di questa strana, e bellissima, storia: chi era davvero Carolyn Ann Khouri detta Callie? Nata a San Antonio nel 1957, ma cresciuta in Kentucky, Callie Khouri in quel lontano 1990 non sa nemmeno da che parte si inizi a scrivere una sceneggiatura. Non ne ha proprio idea. Fino a quel momento della sua vita produce video musicali, lavora su progetti come Aria di Don Boyd, fa un sacco di cose di cui poi si stufa. Così si guarda attorno e vede che chiunque scrive e costruisce il suo mondo. «E allora mi sono detta: perché non io? Se lo fanno tutti, sarò in grado anch’io, no?». Accadrà così che quella sua prima sceneggiatura scritta quasi per caso diventerà un film, diretto da Ridley Scott – che nel 1990 è già Ridley Scott – e cambiando per sempre non solo la sua vita, ma anche la nostra, quella di molte donne.
Chi se lo sarebbe aspettato? Non lei, che all’inizio pensava che Scott avrebbe trovato la sua idea ridicola. Non fu così, anche se ci volle un po’ perché tutti gli ingranaggi si incastrassero alla perfezione. Scott inizialmente non capiva come la scena di un pianto e di una tazzina rotta in un diner dopo un omicidio potesse far ridere il pubblico, ma Callie sapeva che per capire e girare quelle scene doveva essere con Thelma e Louise fin dall’inizio della storia. E con un piglio di chiaroveggenza, sapeva che avrebbe funzionato. Quelle due donne in cui tante potevano identificarsi, le aveva create, ideate e poi analizzate nei minimi dettagli. Aveva passato quattro mesi solo a pensare a come dovessero essere, al loro carattere, alle loro idee, alle abitudini, all’aspetto. Poi arrivò il momento della scrittura. «A quel punto andai in una libreria», ha ricordato la Khouri, «e presi in mano un manuale su come scrivere la sceneggiatura perfetta. Lo aprii su una pagina caso e vidi dei diagrammi assurdi da seguire. Lo chiusi e tornai a casa».
Iniziò semplicemente a scrivere. Parola dopo parola. Frase su fase. Gli sceneggiatori scrivono immagini, lei lo sapeva e tanto le bastava. Così iniziò a immaginare quelle due donne, il mondo attorno a loro, i maschi, la fuga, la rabbia e la speranza. Sapeva dove la storia stava andando? Forse. A volte Callie sedeva davanti allo schermo del vecchio PC per ore prima di trovare le battute e i momenti giusti. Arrivarono così il camionista rozzo e volgare, punito con due colpi di pistola alle gomme del camion. Arrivò il ballo e il tentativo di stupro. Arrivò anche Jimmy (Michael Madsen, molto prima di Tarantino) e il suo romanticismo davanti agli occhi curiosi delle cameriere. Arrivò J.D. (Brad Pitt) e il poliziotto buono Harvey Keitel. Altre volte però, le parole e le immagini giuste a Callie arrivano all’improvviso, come un’illuminazione. Una notte si sveglia e scrive di getto la scena in cui Thelma chiama il marito Darryl per capire se la polizia è sulle loro tracce. «Non sto scherzando, Thelma. Se pensi che lo sappia, riaggancia». Basta un “ciao” troppo amichevole. «Lo sa». Click. E Callie tornò a letto.
Poi arrivò il finale. Quel finale. Applaudito in alcune sale, fischiato in altre. Al momento dell’uscita di Thelma & Louise – che in Italia arrivò qualche mese dopo, il 13 settembre del 1991 – ci furono reazioni e opinioni contrastanti, ennesimo riflesso di quelle due donne in quella società. «Ci si aspettava che tu fossi meno di quello che eri. E ci si aspettava che ne fossi contenta». Il resto è storia: Susan Saradon e Geena Davis sulla copertina di Time, il Golden Globe, l’Oscar, gli incassi. E dopo? Tutti pensavano che fosse solo il primo passo di Callie. Lo pensava anche lei. Invece qualcosa scattò nella sua mente e si fermò. Cos’era più importante? Continuare a inventare immagini o formare le sceneggiatrici di domani e metterle in guardia dal mondo dominato dagli uomini in cui sarebbero entrate? La risposta – degna della sua Louise Sawyer – fu la seconda, e ancora oggi Callie Khouri insegna masterclass di filmmaking, oltre a dedicare buona parte del suo tempo all’attivismo femminista.
Quello che ha fatto però rimane immortale. Le due eroine che ha inventato, Louise Sawyer – con il cognome rubato al ribelle di Mark Twain, Tom – e Thelma Dickinson – omaggio al mito Emily – sono oggi più moderne che mai e noi siamo ancora fermi lì, sospesi in aria nell’ultimo frame, in quel salto che per molti fu un suicidio, ma per Callie fu – e rimane – solo libertà. Libertà totale. Rivedete lo sguardo di Thelma un attimo prima, rivedete la polaroid con quel selfie inventato decenni prima, rivedete i loro sorrisi. Non ci vuole tanto per tornare lì. Riguardate Thelma & Louise, sedetevi con loro sui sedili posteriori di quella Thunderbird, tra una canzone di Toni Childs (House of Hope), una di Glenn Frey e l’altra di Van Morrison (Wild Night, ricordate?), a dare le spalle alla polizia, a dare la faccia al vuoto, a far saltare in aria ogni cosa. E poi tornate nuovamente all’inizio. È tutto quello che serve. Titoli di testa, due donne, un viaggio. «Ci si aspettava che tu fossi meno di quello che eri. E ci si aspettava che ne fossi contenta». Grazie Callie.
Qui il video di Glenn Frey per il film:
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