ROMA – In The Stones & Brian Jones Nick Broomfield svela la vera storia e l’eredità di Brian Jones, il fondatore e il genio creativo dei Rolling Stones, l’uomo che diede vita al mito e che fu il primo ad esserne escluso. Broomfield – che negli anni Novanta si fece una certa fama grazie a un altro documentario musicale, Kurt & Courtney – all’età di 14 anni incontrò Jones, per caso, su un treno. «Era seduto tutto solo in uno scompartimento di prima classe. Bussai alla porta e, con una certa temerarietà, mi presentai». Brian era all’apice del successo, con il mondo ai suoi piedi, eppure solo sei anni dopo sarebbe morto, a 27 anni. Il film analizza le relazioni e le rivalità all’interno della band in quegli anni, esplorando la libertà e l’esuberanza di quegli anni Sessanta, epoca di conflitti intergenerazionali e di turbolenze sessuali.
Grazie a interviste con tutti i protagonisti dell’epoca e ad archivi inediti resi pubblici per la prima volta, The Stones and Brian Jones – inedito in Italia, presentato in anteprima a Milano al Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo – cerca di compiere un viaggio nel genio creativo musicale di Jones, polistrumentista e chiave del successo degli Stones, indagando su come il fondatore di quella che sarebbe poi diventata la più grande rock & roll band del mondo sia stato lasciato nell’ombra dalla storia (c’è anche un biopic da recuperare, titolato Stoned, con Ben Whishaw nel ruolo di Keith Richards!). E dire che fu tutt’altro che una vita banale quella di Jones che nel 1961, a nemmeno diciannove anni, era già padre di tre figli illegittimi e fece una vita da bohèmien in giro per l’Europa suonando per le strade. La svolta arrivò poi nel 1962 con il suo trasferimento a Londra.
L’incontro con Alexis Korner, Jack Bruce, ma soprattutto Paul Jones, i pionieri della scena Rhythm and blues londinese cambiò tutto, e lui sotto lo strano nome di Elmo Lewis si fece notare come musicista blues. Questo fino alla primavera dello stesso anno che vide Jones reclutare lo scozzese Ian Stewart e Mick Jagger – e con lui il suo amico d’infanzia, il chitarrista Keith Richards, in prova – per fondare una band. Poi arrivò il nome, un abbozzo, The Rollin’ Stones, prima di quello ufficiale – The Rolling Stones – con cui si esibirono per la prima volta il 12 luglio 1962 al Marquee Club di Londra. La formazione? Non ancora quella che fece la storia: Bill Wyman e Charlie Watts arriveranno dopo, tra il 1962 e il 1963, nello stesso periodo in cui Jagger e Richards scelsero di convivere assieme, a Londra, in un appartamento definito come un ossimoro perfetto per quegli anni: «Una bellissima discarica». Brian Jones, parallelamente – e qui entriamo nel vivo di The Stones & Brian Jones – iniziò a ritagliarsi un ruolo inedito.
Su ammissione dello stesso Watts: «Brian era molto rigido sul promuovere la band agli inizi. Keith e io pensavamo fosse svampito. Per lui era una crociata: a) farci suonare su un palco in un locale e farci pagare mezza corona, b) essere riconosciuti come una band Rhythm and blues». Il suo ruolo di manager iniziò a creare tensioni tra i membri della band visto che, a fine serata, la sua paga era sempre di 5 sterline in più rispetto ai suoi soci co-fondatori. Poi l’incontro con quello che sarà il co-manager degli Stones, Andrew Loog Oldham, la retrocessione a tastierista lontano dalle scene di Stewart e il progressivo allontanamento di Brian. Perché? Molto semplice: perché per Oldham erano Jagger e Richards i volti da copertina.
A questo, oltre alle differenze caratteriali tra il duo Jagger/Richards e Jones – a cui la narrazione di The Stones & Brian Jones dà ampio spazio – l’ascesa repentina, gli abusi di alcool e droghe (in particolare di Mandrax Quaalude) e gli effetti sulla sua psiche. Come riportato da Bill Wyman nel suo libro Stone Alone: «Ce n’erano due di Brian, uno introverso, sensibile e profondo, l’altro un pavone agghindato sempre con il disperato bisogno di sicurezze». Infine l’addio consumatosi nel dicembre 1968. Sette mesi dopo, il 3 luglio 1969, Jones fu ritrovato senza vita sul fondo della sua piscina nella sua casa a Hartfield, a seguito di un tragico incidente che coinvolse il costruttore Frank Thorogood.
La sua morte prematura diede vita al celebre Club 27 di grandi artisti della scena (Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison fino a Cobain e Amy Winehouse), scomparsi tutti a 27 anni, nel breve periodo tra il 1969 e il 1971. Una vita al massimo folle e problematica, ma dannatamente geniale, a cui The Stones and Brian Jones vi rende omaggio attraverso una narrazione dall’intreccio suggestivo, ipnotico e a volte straziante, in una mescolanza di testimonianze e di ricchi e suggestivi filmati d’archivio accompagnati da un voice-over come flusso di coscienza ininterrotto di voci che si sovrappongono: un ritratto di un’epoca dorata di stupefacente creatività, ma anche di autodistruttività e inevitabile tragedia.
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Qui sotto potete vedere il trailer del documentario:
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