ROMA – La storia è quella di Anna e Nadiya, due donne all’apparenza diverse, ma che in fondo si assomigliano molto. Anna è in conflitto con sé stessa e la propria famiglia e affronta in solitudine la sua malattia; Nadiya fugge da una guerra che la tiene lontana da casa. Tutti consigliano ad Anna di seguire il suo compagno in un viaggio di lavoro e a Nadiya di restare al sicuro in Italia. L’incontro, seppur breve, sarà un tuffo nella libertà. Taxi Monamour, quarto lungometraggio di Ciro De Caro (Giulia), con protagoniste due formidabili Rosa Palasciano e Yeva Sai. Il film, presentato in concorso alle Giornate degli Autori (l’unico italiano in gara) all’interno dell’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è ora al cinema con Adler Entertainment.
Insignito del Premio del Pubblico Giornate degli Autori e accolto da una standing ovation di dieci minuti alla premiére veneziana, Taxi Monamour celebra l’universo femminile seguendo le vicende delle sue due protagoniste alle prese con importanti sfide personali e sociali. Un film così descritto da De Caro nelle note di regia: «Girare questo film mi ha dato la possibilità di continuare ad esplorare un linguaggio cinematografico allo stesso tempo rigoroso e molto libero. È la storia di un incontro casuale ed intenso e il mio tentativo è quello di essere un testimone silenzioso e discreto che, osservando la vita di queste due donne, possa cogliere qualcosa di intimo e molto vero, in maniera leggera, cruda e priva di giudizio, anche se con uno sguardo estremamente personale».
Uno sguardo, quello di De Caro, qui tradotto in immagini senza filtri, intime e strette, che si muovono sulla scena con movimenti fluidi e sinuosi. Come nelle prime battute di racconto, quando Nadiya entra nell’orbita vitale di Anna. A bordo di quell’autobus, a un sedile di distanza, le loro vite stanno per incrociarsi ma noi non lo sappiamo (ancora). Lo sa De Caro, però, che con un intelligente movimento della messa a fuoco dell’occhio registico ragiona sullo spazio per far capire allo spettatore che quello è un momento decisamente importante per gli agenti scenici di Taxi Monamour. E Anna e Nadiya sono completamente agli antipodi, l’una sognatrice, un’anima indomita di pura energia e caos interiore che traspare al di fuori, l’altra apatica, o meglio, disillusa, che pone barriere per senso di autoconservazione.
Eppure complementari l’una all’altra, perché entrambe sopravvissute a traumi e incidenti da cui solo in pochi avrebbero avuto la forza di rialzarsi, ed entrambe a tempo limitato. Il caso calcolato dello script di Taxi Monamour decide di farle incontrare in un’unione che da accidentata e zoppicante diventa infine liberatoria e salvifica come solo sanno esserlo quella basate su purezza di sguardo e d’animo. Per poi allontanarle definitivamente facendo loro percorrere vie esistenziali che viaggiano, si, parallele, ma a distanze siderali. Nel mezzo, una narrazione fatta di momenti brillanti e commuoventi intrisi di poesia, dolore, fragilità, risate e di tutte quelle note di colore che hanno finito con il farci innamorare perdutamente del cinema umano di De Caro. Taxi Monamour, un film di micromovimenti e sfumature come solo sa essere la vita a volte.
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