ROMA – Il compositore giapponese Shigeru Umebayashi è autore di alcune fra le più importanti colonne sonore della storia del cinema mondiale. La sua opera, che si situa alla confluenza fra musica orientale e occidentale, è unica, vibrante e intensa, permettendogli di collaborare con alcuni straordinari cineasti come Wong Kar-wai (In the Mood for Love, 2046, The Grandmaster), Zhāng Yìmóu (La foresta dei pugnali volanti, La città proibita), Yuen Woo-ping (True Legend, Crouching Tiger, Hidden Dragon: Sword of Destiny), Tom Ford (A Single Man) e la nostra Roberta Torre (Mare nero). Alla Festa del Cinema di Roma, Umebayashi si è reso protagonista di un incontro ravvicinato a cui seguirà il riconoscimento del Premio alla Carriera, che spazia dappertutto, dal processo creativo alle ispirazioni eccellenti sino all’importanza de Il Terzo Uomo di Carol Reed.
I MIEI INIZI – «Prima facevo rock come membro degli EX. Nel farlo ho incontrato un fantastico attore: Yûsaku Matsuda (Black Rain). Voleva che realizzassi una canzone per lui. Da questo incontro ha avuto inizio la mia carriera di compositore. Gli era piaciuto molto il mio gusto musicale, le mie composizioni e ha finito con il presentarmi a registi e cineasti. Dopo i primi due film (Itsuka darekaga korosareru, Tomo yo shizukani nemure) feci Sorekara, il mio vero debutto. Ho sempre sentito i miei primi due film come un prolungamento del lavoro con gli EX. Qui ho preso atto per la prima volta del ruolo del compositore. Vedevo il film, poi tornavo a casa a comporre. Quando mi sentivo pronto andavo in uno studio di prova, con un registratore a cassetta e un mangianastri e dopo averla incisa andai dal regista».
IL TERZO UOMO – «Quel film mi ha cambiato la vita. Un film incredibile che grazie a quel tema musicale acquisisce tutta un’altra dimensione. Ci sono solo due bassi, molto semplici, ma la vera sorpresa è vengono armonizzata. La storia di come fu incisa quella colonna sonora è altrettanto stupefacente. Reed andò in un ristorante turistico. Lì c’era un musicista che si mise a suonare una musica. Una musica che non poteva che essere quella, perfetta per il suo film. Quell’uomo era Anton Karas. Gli disse: senza di te il mio film non avrà vita, e così è stato. La colonna sonora de Il terzo uomo è sempre al centro della mia composizione».
LA CREAZIONE E IL RUOLO DEL COMPOSITORE – «Innanzitutto nell’atto della creazione è necessario essere liberi. Più siamo liberi nel comporre, più saremo originali. Ed è importante che ci sia poi un’idea, una melodia. Dobbiamo provare un sentimento d’amore verso quel film per cui stiamo creando qualcosa. Questo ci porta al ruolo del compositore oggi. Potrei essere frainteso perché un compositore dovrebbe leggere prima lo script e poi scriverci sopra la musica, ma secondo me il compositore è un artista che attraverso la sua musica dà una prospettiva diversa a quell’opera. Poi c’è da tenere conto dell’impatto dell’evoluzione tecnologica. Ormai viviamo un’epoca in cui qualsiasi suono utilizzato in un film si considera come parte della colonna sonora. Con la tecnologia però non è più chiara la borderline, la divisione, la linea di demarcazione, tra suoni diegetici e partiture musicali. Bisognerebbe ritornare alle origini per dividere in categorie ben distinte e ridare coerenza al ruolo del compositore».
WONG KAR-WAI E ZHANG YIMOU – «Due autori completamente diversi. Wong, ad esempio, non ti dà mai alcuno script, solo un paio di sequenze video. Questo mi porta alla mente un aneddoto legato a In The Mood For Love. Inizialmente Wong mi aveva chiamato per 2046. Durante un briefing ad Hong Kong ci siamo confrontati e nella conversazione è venuto fuori che c’era un altro film prima di questo. Così, durante il pranzo, inizia a raccontarmi la storia mentre stiamo mangiando: 2046 è in questo modo, In The Mood For Love parla di quest’altro. Zhang invece, si, il suo script è sempre molto dettagliato. Nei suoi script trovi qualsiasi cosa. Perfino la musica, ma non in senso di un imperativo, vuole guidarti. Paradossalmente però, mentre Zhang ha grande flessibilità creativa, Wong no, ha quell’immagine nella sua mente e tiene fede a quella».
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