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Il viaggio di Re Granchio, tra leggenda popolare e film d’avventura

Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis raccontano il film presentato prima a Cannes e poi a Torino

Re Granchio

CANNES – Un viaggio incredibile e una storia – a tratti – a quasi magica. Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, per Re Granchio, il loro primo film di finzione, scelgono una leggenda contadina italiana, tanto pazzesca da attraversare addirittura l’Oceano Atlantico arrivando, così, fino alla Terra del Fuoco, in Argentina. La pellicola, al cinema dal 2 dicembre, selezionata dalla Quinzaine des Réalistaeurs di Cannes 74 e poi passato al Torino Film Festival 2021, parte dalle parole di alcuni cacciatori che ricordano l’epopea dell’ubriacone Luciano, quando alla fine dell’Ottocento, venne allontanato da un piccolo borgo della Tuscia in quanto difese dall’arcigno principe la donna amata (Maria Alexandra Lungu). Luciano (interpretato da Gabriele Silli) fuggì in esilio nella Terra del Fuco, prendendo parte alla ricerca di un mitico tesoro che, però, finisce per scatenare avidità e follia.

Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis sul set di Re Granchio
Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis sul set di Re Granchio

“Quando Paolo Moretti (delegato della Quinzaine ndr) ci ha chiamato per dirci che saremmo stati a Cannes è stata una gioia”, ci raccontano al telefono i registi, “Sopratutto dopo il lavoro e le difficoltà nel realizzare un film del genere”. Interessante lo spunto che ha dato vita a Re Granchio, arrivato da una delle tante leggende contadine italiane: “La storia di Luciano l’abbiamo ascoltata in una cantina di cacciatori, così abbiamo cercato di ricostruire il tutto. C’erano poche informazioni, soprattutto per quanto riguarda l’esilio in Argentina. L’unica cosa che potevamo fare era andare fisicamente nella Terra del Fuoco. Abbiamo fatto delle ricerche, trovando anche trovato un omonimo, arrivato Buenos Aires alla fine dell’Ottocento. Il nostro film essenzialmente è una storia di pirati e di cercatori d’oro, di navi affondate. Una sorta di film western d’avventura…”, proseguono Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis.

Una scena di Re Granchio
Una scena di Re Granchio

Come detto, Re Granchio non è stato affatto facile da realizzare, vista le location: “Abbiamo lavorato in modo diverso, anche in base alle difficoltà che incontravamo, a Vejano, per esempio, abbiamo collaborato con tutto il paese e gli abitanti sono diventati dei veri attori. Mentre nella seconda parte del film… Beh, in Argentina è stato un set d’avventura, le location erano complicate da raggiungere. Diciamo che è stato estenuante ed entusiasmante”. Com’è entusiasmante la fotografia e la messa in scena del film, che richiama la pittura di Arnaldo Ferraguti e di Odoardo Borrani: “Per questa resa fotografica il nostro grazie va al lavoro di Simone D’Arcangelo, il direttore della fotografia, ci siamo scambiati delle idee dall’inizio e per questo l’impronta è così forte, il lavoro è stato di collaborazione e approfondimento”.

La "pittura" di Re Granchio
La “pittura” di Re Granchio

Come conferma Re Granchio, il cinema italiano pare si stia avvicinando sempre di più alla riscoperta del folklore italiano, che offre racconti decisamente cinematografici: “La tradizione orale è ricca di storie, ed è indubbio che ci sia interesse da parte del cinema. In fondo l’Italia è un paese di oralità. Nel nostro film, anche con l’aiuto dei canti e della musica curata da Vittorio Giampietro, abbiamo lavorato su questo concetto. L’idea era dare vita ad un’avventura, e l’abbiamo realizzata grazie ad un’ottima equipe che ci ha aiutato molto”, concludono Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis.

 

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