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Rauelsson: «La mia colonna sonora per Anna, tra Niccolò Ammaniti e Simin Tander…»

Il suono, le influenze, i tentativi, i riferimenti: il compositore spagnolo racconta la colonna sonora

Il compositore spagnolo Raúl Pastor Medall in arte Rauelsson.

MILANO – Se negli ultimi mesi vi siete distratti oppure, più semplicemente, non avete seguito il mondo parallelo delle colonne sonore che invece noi di Hot Corn amiamo da sempre, sappiate allora che la colonna sonora che il compositore spagnolo Raúl Pastor Medall in arte Rauelsson – un genio della musica contemporanea – ha composto per Anna, serie firmata da Niccolò Ammaniti (che vi avevamo raccontato qui), è già una delle 10 soundtrack dell’anno. Così, in occasione della pubblicazione in vinile per Penny Records abbiamo raggiunto Raúl per farci raccontare la genesi della colonna sonora, il suo rapporto con Ammaniti, ma anche quali sono i suoi compositori preferiti e le sue influenze.

La copertina del vinile di Anna di Rauelsson.

IL PROGETTO – «Come sono entrato nel progetto? Roberto Corsi, musical supervisor di Anna, mi ha mandato una mail, raccontandomi a grandi linee la serie e chiedendomi se fossi interessato. A quanto pare Niccolò, proprio mentre stava adattando il libro alla sceneggiatura, aveva ascoltato molto i miei album, Vora e Mirall, nonché lo score che avevo firmato con Erik K. Skodvin per Darling, film danese diretto da Birgitte Stærmose. Così prima mi sono letto Anna, poi parte della sceneggiatura e ho fatto un primo incontro via Skype con Niccolò. Per me è sempre fondamentale conoscere le persone dietro a un progetto prima di accettarlo, così è stato utile anche incontrare Niccolò di persona qui a Madrid dove ci siamo visti durante una tappa della sua promozione per Il miracolo. Abbiamo parlato e poi io sono andato a Roma a cominciare il lavoro…».

Niccolò Ammaniti in azione sul set di Anna.

IO & NICCOLÒ – «Niccolò ha una grande conoscenza musicale ed è capace di spiazzarti con riferimenti sonori totalmente inaspettati. Qualche esempio? Può mandarti un pezzo di Biosphere, un altro di Meredith Monk, una canzone popolare italiana o qualche vecchio disco della ECM assieme a un’aria di opera oppure ad un brano dei Tale Of Us, un duo italiano di musica elettronica. E tutto questo nella stessa settimana! Una cosa che ho molto apprezzato del suo modo di lavorare è che non ha paura di fare scelte drastiche riguardo la parte musicale. Se ha una visione che vuole perseguire lo fa, non importa in che modo e a che prezzo. A volte può essere difficile, perché non è semplice assimilare tutti questi stimoli, ma è sempre molto attento a condividere il suo viaggio e a farti entrare».

Un momento sul set di Anna.

LA COLONNA SONORA – «La mia colonna sonora preferita? No, non credo di averne una specifica perché spero sempre sia quella che ancora devo ascoltare, ma se devo citarne una allora dico il lavoro che Ryuichi Sakamoto ha fatto con Alva Noto e Bryce Dessner su Revenant di Alejandro G. Iñárritu. Per i miei canoni, quel disco è un capolavoro. Ne sono stato ossessionato per un periodo della mia vita».

Sakamoto e Alva Noto. Ma manca Bryce Dessner.

IL TEMPO – «Uno degli aspetti positivi di Anna è che ho avuto molto tempo. Sono entrato nel processo creativo molto presto e questo mi ha permesso di esplorare combinazioni diverse. Un esempio: con Tatu Rönkkö, il percussionista, abbiamo provato molte cose, usando ossa di animali, legni, pietre, cocci di bottiglie e altro ancora. Solitamente non hai il tempo per fare questo tipo di ricerca, quindi è stato davvero un lusso provare ad aprire porte nuove e vedere cosa accadeva. Allo stesso modo ho fatto con Anne Müller, la violoncellista, e con Peter Broderick. Nonostante oggi sia facile registrare una colonna sonora in digitale, tutto quello che ascoltate nelle tracce di Anna è suonato da qualcuno. Persone vere in uno spazio fisico reale. Poi è stato un incubo adattare questo modo di lavorare vecchia maniera alle scelte di montaggio, ma alla fine credo ne sia valsa la pena».

LA VOCE DI SIMIN – «Voci senza parole. Fin dall’inizio del progetto abbiamo cominciato a girare attorno a questo concetto. La voce umana ha un potere incredibile e un’infinità di possibilità. Così ho cominciato a lavorare su alcune cose e ho provato a fare un esperimento con un ristretto gruppo di ragazze, un coro che ha condotto a un risultato interessante ma non abbastanza vicino a quello che volevamo. Così io e Niccolò abbiamo cominciato a parlare di cantanti jazz, specialmente scandinave come Sidsel Endresen. Nella ricerca abbiamo scoperto una canzone chiamata I See You e firmata da Simin Tander, Jarle Vespestad e Tord Gustavsen. Così abbiamo contattato Simin e con lei abbiamo iniziato a lavorare da remoto. Una bella sfida, ma la capacità vocale di Simin e il suo spirito intraprendente hanno fatto la differenza».

Simin Tander, voce in molti dei brani della colonna sonora di Anna.

IL COMPOSITORE – «Non ho un compositore preferito, tendo sempre ad amare i singoli progetti, ma se devo citare qualcuno allora dico che l’apporto di Jóhann Jóhannsson alla musica da film è stato un dono per tutti noi in questi anni. Ho molto amato anche Cliff Martinez e il suo lavoro su Drive e quello di Hans Zimmer su Interstellar, ma tra le ultime cose mi ha molto colpito anche quello che ha fatto Mica Levi su Monos (qui). E poi Aguirre, furore di Dio, lo score dei Popol Vuh per il film di Werner Herzog, le cose firmate di recente da Ben Salisbury & Geoff Barrow, Ben Frost e il suono di Dark e Fortitude, e ancora Jonny Greenwood per Il petroliere e Il filo nascosto e Hildur Guðnadóttir su Chernobyl. Ieri invece stavo ascoltando Double Negative dei Low e pensavo che quelle canzoni sono già una colonna sonora perfetta…».

Gone but not forgotten: Jóhann Jóhannsson.

L’ITALIA – «Ho rivisto da poco Mulholland Drive e sono rimasto colpito, ancora una volta, dallo score di Angelo Badalamenti. In Italia ovviamente avete da sempre grandi maestri, penso a Ennio Morricone o Nino Rota, ma l’influenza dell’Italia sulla musica va oltre i compositori e i musicisti e conduce addirittura ai vostri strumenti. Sintetizzatori, drum machines, amplificatori, echo machines, gruppi anni Sessanta con chitarre Eko Rokes. L’Italia ha una storia musicale ricchissima e un ruolo che merita di essere riconosciuto. E poi è un posto fantastico. Anzi, spero di riuscire a venire in Sicilia prima o poi!».

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