PARIGI – Quando uscì il libro, cinque anni fa, la gente in fila nelle librerie qui a Parigi, in attesa di farselo firmare dall’autrice Delphine de Vigan, discuteva animatamente sulla veridicità di quelle pagine. Una storia vera, ovviamente, non c’è dubbio. Ma no, bien sûr que non, tutto falso. Ma vi dico che è vero. Ma no. No. Insomma, sì, no, sì, no, una battaglia di opinioni e punti di vista, amplificata poi due anni dopo da Roman Polanski e dalla presentazione a Cannes di Quello che non so di lei, bizzarro titolo italiano del film, molto distante dall’originale visto che il libro fu pubblicato – anche in Italia dalla Mondadori – proprio con il titolo Da una storia vera, esattamente come in Francia.
E qui torniamo alla domanda in origine però: cos’è vero in quella storia vera? E cosa poi è stato tralasciato da Polanski? E perché? Partiamo dalla trama del film: la scrittrice Delphine Dayrieux, che sarebbe poi la de Vigan, interpretata da Emmanuelle Seigner, ha raggiunto un grande successo con il primo romanzo, incentrato sulla figura di sua madre (la de Vigan ha veramente scritto Niente si oppone alla notte sul suicidio della madre Lucille, nel 2008). Un giorno però inizia a ricevere lettere anonime che l’accusano di aver esposto la propria famiglia. Poco dopo Delphine incontra una giovane donna, Lei (Eva Green) che sembra conoscerla bene. Troppo bene.
Un thriller che mescola verità e finzione oppure una storia vera romanzata? La de Vigan ovviamente è stata bersagliata da domande continue da fan e critici quando uscì il libro, confondendo la risposta e mescolando le opzioni, ma facendo riferimento chiaramente a un altro libro su uno scrittore ossessionato da una fan: Misery di Stephen King, poi diventato un bel film con una Kathy Bates da Oscar diretta da Rob Reiner e pronta a spaccare le gambe al suo adorato scrittore James Caan. «Un libro che ho letto quando ero ragazza e che rileggo spesso perché trovo ogni volta qualcosa di differente, di nuovo», disse al tempo la de Vigan.
Eterno dilemma, finzione o reale: in realtà fu proprio la Seigner a parlare del libro al marito Polanski che poi con il film ampliò le pagine con l’aiuto in fase di sceneggiatura di un altro maestro della serie “quand la réalité dépasse la fiction”: il signor Olivier Assayas, che ne Il gioco delle coppie rifletterà poi su scrittori e editoria (in altro modo, ma lo farà). A Cannes il film fu addirittura presentato con un finale differente, poi corretto, accolto tiepidamente, ma in realtà rivisto oggi Quello che non so di lei è un film che diventa utile anche pensando alla manipolazione della realtà, a quanto sia difficile oggi distinguere tra vero e finzione. La vérité et la fiction: nel cinema come nella vita.
- Quella volta a Cannes, Roman Polanski e Delphine de Vigan:
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