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L’altro Natale: Quarant’Anni Senza Charlot

Il 25 dicembre del 1977 se ne andava Charlie Chaplin. Ma qual è oggi la sua eredità?

Come in un melodramma scritto male, se ne andò il giorno di Natale, nel silenzio di un angolo di Svizzera, a Corsier-sur-Vevey. L’ennesima beffa del destino, perché accadde proprio in un giorno che lui non amava, anzi: l’abbondanza eccessiva delle feste, il cibo ovunque, la felicità ostentata, stridevano a contatto con i suoi ricordi poveri d’infanzia, figlio di un alcolizzato e di un’attrice, cresciuto in miseria tra orfanotrofi e collegi, pochi scellini e genitori inesistenti.

Quarant’anni dopo, Charlie Chaplin non c’è più eppure è ovunque, dai murales di Venice Beach ai francobolli, dalle innumerevoli citazioni ai vecchi film passati sempre a Natale (altra ironia), fino all’attualità del suo cinema totale, capace di parlare di migranti, industrialismo, disumanizzazione e fascismo prima di tutto e tutti, in grado di anticipare temi che la società avrebbe affrontato decenni dopo. Non solo, Charlot divenne suo malgrado l’eroe proletario di disadattati e miserabili, che chiusi in un cinema chiedevano solo di ridere dei potenti e dei soprusi che dovevano affrontare nella vita di ogni giorno.

Charlot, il monello, il vagabondo, quel bastone, la bombetta e l’andatura sbilenca sembravano appartenere a un tempo specifico, invece Charlie Chaplin è poi improvvisamente diventato eterno, tanto che oggi non ci sono solo i film da recuperare – soprattutto i meno celebrati – ma anche uno stile di vita, una visione totale delle cose da parte di un irregolare di successo che non dimenticò mai le origini e la fatica fatta per arrivare in cima. Alla fine, nonostante l’ascesa nella cultura del Novecento, era rimasto infatti quell’omino triste che Federico Fellini aveva tanto amato: «Da bambino a Rimini andavo al cinema e osservavo sullo schermo Charlot come un omino a cui dovere gratitudine. Era quasi come un fatto naturale. Come la neve d’inverno, il mare d’estate, Gesù Bambino…».

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