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Nel Nome Del Padre: Gabriel-Kane Day-Lewis

Mentre papà Daniel si ritira, lui diventa una star. O quasi…

Fu una delle coppie più discusse degli anni Novanta: lei, Isabelle Adjani, icona assoluta del cinema francese, lui, Daniel Day-Lewis, fuoriclasse ribelle figlio di un poeta e già con un Oscar in salotto. Si amarono per sei anni, poi, a un certo punto, lui scappò con Julia Roberts proprio quando lei era incinta di loro figlio, scatenando una lunga serie di polemiche nonché le ire delle sostenitrici femministe della Adjani.

Vent’anni dopo, mentre il padre ha finito di girare quello che (purtroppo per noi) sarà il suo ultimo film, Il filo nascosto, il bambino della discordia è diventato una delle nuove promesse musicali dell’era digitale, un ragazzone che nel tempo libero sfila per Karl Lagerfeld e Burberry e che ora ha deciso di far cadere il cognome paterno e, da Gabriel Day-Lewis, si è trasformato in Gabriel Kane, aspirante popstar con due singoli, Ink In My Veins e Love Yourself, già pubblicati. «Sono molto orgoglioso dei miei genitori e di quello che hanno realizzato nelle loro carriere», ha spiegato lui, «ma è innegabile che la loro ombra sia piuttosto ingombrante e uscirne non è facile. Il livello che hanno raggiunto nel loro ambito è davvero altissimo».

Classe 1995, cresciuto con la madre a Parigi prima della riappacificazione con il padre, Kane ha provato diverse vie di fuga dagli ingombranti genitori prima di iscriversi al Berklee College of Music in Boston e decidere che la musica sarebbe stata il suo futuro. In realtà però, prima di arrivare alla decisione, la sua adolescenza è stata un arabesco di difficoltà e rabbia, un percorso transitato tra Parigi, New York e Dublino che lui ha deciso di scriversi su tutto il corpo: le braccia coperte da tatuaggi, lo skyline di New York sul sinistro, una scritta manifesto sul petto («Errare Humanum Est») e poi, ancora, un tribale sulla spalla e una data sul petto. Esattamente come il padre. «Ogni tanto ci scambiamo consigli sui tatuaggi, ma mia madre non li sopporta, ogni volta che dobbiamo fare una fotografia mi dice di tirare giù le maniche e coprire le braccia perché non li vuole vedere».

L’influenza paterna su Kane – oggi evidente e non solo fisicamente – è arrivata durante l’adolescenza quando a quindici anni si trasferì in Irlanda, nella Contea di Wicklow, con Daniel, la sua compagna Rebecca Miller – altra figlia d’arte, del drammaturgo Arthur Miller – e i loro due figli Ronan e Cashel. «Fu lì che scoprii la musica: mi chiudevo nella mia stanza a studiare il piano e a studiare da autodidatta. Rebecca è stata la prima a incoraggiarmi a intraprendere questa strada». Non fuma, non beve ed è rigorosamente vegetariano, ma Kane è un assiduo frequentatore dei social, soprattutto Instagram (instagram.com/gabrielkane), che usa per lanciare la sua nuova carriera e far ascoltare a più persone possibile la sua musica. «Questo è il mio lavoro, lo sento come tale e spero di farlo per molti anni. L’unico problema è che non ho il diritto di falire. Ho solo un colpo. Se sbaglio, mi saranno tutti addosso».

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