MILANO – Spesso il cinema è anticipazione, significa scontrarsi e confrontarsi con quello che ancora non è successo, cercando di spostare lo sguardo un po’ più avanti per comprendere meglio il presente o il futuro. Plan 75 fa esattamente questo: costruisce una storia in un Giappone futuro per affrontare un tema che oggi è solo accennato: il problema della sovrappopolazione, della sproporzione sempre più ampia tra l’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite. Classe 1976, al suo primo lungometraggio, la regista Chie Hayakawa con Plan 75 – presentato a Cannes 2023 a Un Certain Regard e in streaming su Prime Video, AppleTV+ e Google Play – espande il segmento che aveva girato all’interno di un film antologico del 2018 per analizzare un tema che in Giappone si sta già attualizzando visto le continue proteste da parte dei giovani verso il carico fiscale che dovranno sopportare per sostenere una popolazione di anziani sempre più ingente.
Ma cos’è il Plan 75? Un programma governativo che offre all’interno di specifiche strutture un’eutanasia gratuita e confortevole a chi ha superato i settantacinque anni. È un piano attuato in risposta alle continue sommosse giovanili e per diminuire la pressione fiscale di una spesa economica indirizzata a persone ormai superflue che non contribuiscono più al fabbisogno della società. È all’interno di questo distopico e straniante contesto che Hayakawa disegna la storia di quattro personaggi: la protagonista Michi (interpretata da Baisho Chieko, premiata al Far East Film Festival con il Gelso d’oro alla carriera) è un’inserviente settantottenne che vive sola e, dopo che viene licenziata per questioni d’età, vede svanire la sua indipendenza e trova nel Plan 75 l’unica strada da intraprendere. Il suo percorso incrocerà le strade di una giovane operatrice di call center che accompagnerà Michi verso l’eutanasia, di un dipendente del Plan 75 che ritroverà un parente lontano e di un’infermiera filippina che per pagare le cure alla figlia inizierà a lavorare in quei luoghi di morte.
La regista con Plan 75 imbastisce con un’eleganza estrema e un delicato minimalismo una denuncia sociale molto forte. Le influenze del cinema nipponico autoriale del nuovo millennio guidato da Kore-eda e Ryusuke Hamaguchi sono limpide e neanche nascoste, ma Hayakawa è brava nel costruire un film di tesi tramite sottrazione e annullamento, tenendo celati e nascosti i disagi e le difficoltà dei personaggi così da far esplodere la crudeltà solo nella prima sequenza (un violento omicidio in una casa di riposo) e far emergere l’intero significato del film nelle ultime inquadrature dirette verso un sole che si fa spazio tra le nuvole grigie. Non incentrarsi solo su un personaggio permette al film di guardare il problema da più prospettive e restituire così i diversi modi possibili di vivere dentro un mondo che ha perso la sua anima, che ha costruito un’assurdità e normalizzato una pratica disumana, un mondo in cui la morte è diventata la soluzione alla solitudine, al restare soli e indifesi e inermi all’interno di una società che avanza e pretende il suo spazio.
Minuto dopo minuto, Plan 75 diventa così un delicato urlo premonitore indirizzato al mondo, un’opera che guarda avanti per analizzare quello che sta accadendo oggi, riflettendo sulle contraddizioni di un Giappone sempre più aperto al futuro, ma che non riesce a progredire sul piano dell’aspetto umano, sul concetto di scelta e sulle divisioni sociali sempre più ampie e radicate. Un film che danza attorno alla morte per esaltare la vita.
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