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I cento anni di Peter Sellers, un genio sempre in bilico tra lacrime e risate

La Pantera Rosa, Kubrick, Hollywood Party: un attore indimenticabile? Sì, ma soprattutto moderno

Il genio indimenticabile di Peter Sellers
Il genio indimenticabile di Peter Sellers

LONDRA – Risate, lacrime, follia, dolore e genio. Genio totale. Una grande carriera, piena di dolore e tormenti, tra capolavori e film incompresi ancora oggi. Nel centenario della nascita – era l’ 8 settembre 1925, a Portsmouth – Peter Sellers rimane oggi non solo una figura fondamentale di quella che è stata la Hollywood dei tempi d’oro, ma anche e soprattutto per quanto riguarda cosa significhi essere davvero un attore, tra sfide e ambizione, coraggio e – appunto – follia. Figlio d’arte di due attori di varietà, un nome di battesimo che era Richard Henry Sellers poi portato a un nome d’arte, Peter, in onore del fratello scomparso appena nato, Sellers non fu solo attore, ma anche ballerino, batterista (girò anche dei jazz club qui a Londra) e cantante (memorabile il duetto con Sophia Loren su Goodness Gracious Me). Riletta oggi, la sua carriera parla di un genio comico capace di rimanere in bilico tra genio e follia come forse nessun altro.

Peter Sellers è Clouseau nella saga della Pantera Rosa
Peter Sellers è Clouseau nella saga della Pantera Rosa

Consegnato all’immaginario grazie al ciclo dei film della Pantera Rosa a partire dagli anni Sessanta con quel formidabile ispettore Clouseau nato dalla mente di Blake Edwards, già prima Sellers si era fatto strada grazie alla sua capacità di prendere a carico più personaggi con una disinvoltura invidiabile. E fu Stanley Kubrick a capirlo, un anno prima de La pantera rosa: era il 1962 quando lo volle in Lolita e poi – due anni dopo – ne Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba, dove il regista gli affidò ben tre personaggi: Lionel Mandrake, il presidente Merkin Muffley e – appunto – il dottor Stranamore. Risultato? Prima candidatura all’Oscar, poi andata a vuoto a causa della vittoria più rassicurante di Rex Harrison per My Fair Lady.

Il Dottor Stranamore
Kubrick e Sellers sul set de Il Dottor Stranamore

Poi ci sarebbe stato il successo di Uno sparo nel buio e – soprattutto – nel 1968, il film definitivo della sua potenza comica: Hollywood Party di Blake Edwards, commedia catastrofica che attraversa con la grazia di un elefante nel ruolo di Hrundi V. Bakshi, attore indiano che lavora come comparsa a Hollywood. Un personaggio che lo renderà immortale, un incrocio tra Buster Keaton e Jerry Lewis, costruito su gag fisiche e senza dire praticamente nulla. «Sono come un microfono. Da solo non ho suono. Catturo ciò che mi circonda». Questa era la sua massima e microfono lo fu per davvero anche se celeberrime furono poi anche le sue liti, lui fumantino, pronto allo scontro con Orson Welles o Billy Wilder (con cui non girò Baciami stupido) senza troppi problemi.

Peters Sellers nel finale cult di Oltre il Giardino
Peters Sellers nel finale cult di Oltre il Giardino

La sua vita non fu in discesa, anzi, e bene lo racconta Geoffrey Rush nel biopic Tu chiamami Peter che venne presentato a Cannes nel 2004 e che cerca di raccontare vizi e eccessi di un uomo che tutto fu tranne che lineare e che ebbe nel rapporto con la moglie Britt Ekland (nel film interpretata da Charlize Theron) uno dei punti nodali (ma fate attenzione nel film anche a Stanley Tucci che interpreta Kubrick!). Inevitabilmente la vita privata di Sellers fu sempre sotto i riflettori, tra i corteggiamenti alla nostra Sophia Loren e quattro matrimoni fino al fattaccio del 1964 quando la leggenda narra che inalò nitrito di amile come stimolante sessuale e ebbe otto infarti in tre ore. Insicuro, depresso cronico e bipolare, Sellers sosteneva di non avere una personalità propria, ma di assorbire quella dei personaggi. Probabilmente era vero, dato che dopo di lui nessuno è stato più capace di avvicinarsi a quelle vette comiche.

Un altro ruolo geniale: Sidney Wang in Invito a cena con delitto.

L’ultimo colpo da maestro però (ma rivedetevi anche l’esilarante Invito a cena con delitto dove interpretava Sidney Wang, lo trovate su Prime Video e AppleTV+) fu girare un piccolo grande film diretto da un altro pazzo irregolare come lui, ovvero un regista come Hal Ashby, che gli costruì addosso le pagine di un capolavoro come Oltre il giardino, ispirandosi al romanzo Presenze dello scrittore polacco Jerzy Kosinski (in Italia edito da Mondadori). Il suo Chanche il giardiniere fu l’ultimo atto prima che calasse il sipario, ruolo per cui prese anche una nomination all’Oscar, prima della morte, il 24 luglio del 1980, appena terminate le riprese de Il diabolico complotto del dottor Fu Manchu. Colpito da infarto al Dorchester di Londra, morì poco dopo in ospedale. Aveva solo 54 anni, ma aveva vissuto almeno dieci vite…

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