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Furore | John Steinbeck, Henry Fonda e del perché dovreste rivedere Furore

Il libro, John Ford, la Grande Depressione, quella madre. Il film di John Ford? Un capolavoro di modernità

Furore
Henry Fonda e i protagonisti di Furore. Il film uscì il 15 marzo del 1940.

MILANO – Prima c’era stato il libro. Un libro grandioso, pieno di dettagli, critico nei confronti della società americana, ambientato negli anni della Grande Depressione, poi definita Grande Umiliazione, dove ad essere umiliati furono sempre gli ultimi, quelli che non avevano nulla e non avrebbero avuto nulla. Poi, un anno dopo, il 15 marzo del 1940, quando John Steinbeck ha già ricevuto anche il Pulitzer per quelle pagine, ecco il film, Furore, con Henry Fonda che si trasforma in Tom Joad e s’imbarca su un improbabile camioncino con tutta la famiglia per cercare fortuna in California. La California delle arance, delle colture specializzate che possono dar lavoro, la stessa California che fu la terra dell’oro nel West, ancora vista come l’America degli Americani, il posto da cui ricominciare, il posto da cui ripartire sempre.

Henry Fonda nel ruolo di Tom Joad.

Dopo il viaggio invece, arriverà la dura realtà, che racconta di una guerra tra poveri per un piatto di minestra, una guerra in cui chi è arrivato prima cerca di difendere la posizione, passando sopra a chiunque, senza scrupoli. Niente empatia, niente riconoscimento dell’individuo, niente di niente. «Ma prima di tutto devi dirmi una cosa, Tommy. Ti hanno maltrattato? Ti hanno fatto diventare cattivo?». «Perché mamma?». «Dicono che succede». «No, mamma, sono rimasto com’ero prima». «Perché ne ho sentite raccontare tante. E quando ti maltrattano si comincia a odiare tutti». Sta tutto qui, nel dialogo tra mamma Joad (Jane Darwell, che avrebbe vinto l’Oscar) e Tom. Interessante che a raccontarci le pagine di Steinbeck sia proprio John Ford, accusato da tutti – spesso non a torto – di essere uno dei grandi conservatori di Hollywood. E invece, è incredibile osservare come alcune riprese fatte da Ford in Furore nei campi di lavoro rimandino immagini a noi note, che sarebbero arrivate più tardi, mesi più tardi e decenni più tardi.

Una scena di Furore.

Ci sono reti e filo spinato, l’ingresso di un campo con l’insegna, le guardie con il bastone e il distintivo. Siamo nel 1940 e l’esistenza dei campi di lavoro in Germania si saprà solo dopo il 1945. Ma rivisto oggi Furore che effetto fa? Magnifico, doloroso, attuale, perché la realizzazione del film è quella dei grandi maestri, non solo per la regia di Ford e la faccia di Fonda, anche per la fotografia di Gregg Toland, che un anno dopo avrebbe girato Quarto Potere con Orson Welles e otto anni dopo sarebbe morto, a soli 44 anni di infarto. Bianco e nero che sa di neorealismo – che sarebbe venuto poi, anche quello – e quell’uso della pellicola in 4:3, un tempo normale, ma che oggi sembra fatto apposta per farci concentrare sui personaggi e su dialoghi costruiti perfettamente, e non a caso lo stesso Steinbeck partecipò alla trasposizione del libro in sceneggiatura.

Un’altra immagine del film.

Furore ricevette poi sette nomination all’Oscar e vinse per la miglior regia e per l’attrice non protagonista, ma attenzione anche alle interpretazioni di Fonda e John Carradine, sempre al confine tra cinema e teatro, finzione e vita vera. Film indispensabile, ieri come oggi, immagini di oltre ottant’anni fa – il film uscì negli Stati Uniti a marzo 1940, in Italia solo nel 1952 – incredibilmente profetiche e, purtroppo, capaci ancora di raccontare il nostro presente. Aveva ragione Tom nel suo monologo: «Non potrò mai morire. Io sarò dovunque ci sia un uomo che soffre e combatte per la vita, io sarò là. Dovunque ci sia un uomo che lavora per i figli, io sarò là. Dovunque il genere umano si sforzi di elevarsi, coi ricchi e coi poveri, in questa comune aspirazione di miglioramento. E dove una famiglia mangerà le frutta d’un nuovo frutteto, o andrà a occupare la casa nuova, là mi troverai…». Fondamentale.

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