MILANO – «Io non ce la faccio più. Non vedi che ogni cosa che facciamo non funziona? Non abbiamo più vent’anni». Roma di notte, un velo di nichilismo in fondo al cuore, le luci e le illusioni, la speranza e la fine. Dopo l’anteprima a Pesaro la scorsa estate, adesso Alessandro Marzullo porta il suo esordio al cinema. Ma cos’è Non credo in niente? Il racconto frammentario di una generazione disillusa alla soglia dei trent’anni, costretta a fare i conti con prospettive di vita diverse e un costante cambiamento in mezzo a continue crisi economiche sulla linea della società liquida descritta (magistralmente) da Zygmunt Bauman. Per ammissione del regista, il film è un’opera prima acerba non nel contenuto ma nella forma, a partire dalla fotografia volutamente grezza e ad una scrittura frustrante, costruita in un processo creativo non convenzionale che da voce ai personaggi proprio a partire dagli interpreti.
Ognuno di loro è molto centrato all’interno del quadro di cui fa parte: Cara e Jonio (Renata Malinconio e Mario Russo) con la loro relazione disfunzionale, raccontano un amore empatico quanto doloroso. Centocelle e il Meccanico (Giuseppe Cristiano e il sempre bravo Gabriel Montesi) sono una coppia di amici che cercano di riempire i vuoti delle loro vite con le esperienze dell’altro. La hostess (Demetra Bellina) che cerca un brivido pur di non affrontare la realtà e si scontra con il receptionist dell’hotel (Antonio Orlando) dove spesso alloggia una volta scesa dall’aereo. Tutti loro rappresentano storie e vite che corrono fianco a fianco nel film, ma che non interagiscono mai. L’unico punto in comune? Un paninaro notturno di Roma (Lorenzo Lazzarini), luogo dove il romanticismo e la brutalità dei personaggi si incontrano.
La frammentarietà sui cui si basa Non credo in niente forse non regge totalmente nella sua interezza il ritmo della narrazione, eppure l’ambiziosa ispirazione a richiamare film – tra gli altri – come Angeli perduti di Wong Kar-wai (nelle luci e nelle inquadrature) aiuta molto ed è sicuramente una citazione degna di nota dato che non accade spesso che in un racconto di formazione italiano venga omaggiato un maestro del cinema asiatico come lui. Inoltre, proprio l’anima da racconto generazionale rimane il grande punto di forza dell’esordio di Marzullo, forse il primo autore a raccontare con sincerità la disillusione che affrontano oggi i giovani in Italia con un’estetica che guarda lontano. Da tenere d’occhio.
- INTERVISTE | Demetra Bellina racconta il film
- VIDEO | Qui una clip di Non credo in niente:
Lascia un Commento