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Niente di nuovo sul fronte occidentale, le parole di Remarque e quella sorpresa agli Oscar

Quattro statuette vinte su nove nomination per il film di Edward Berger su Netflix? Le ha meritate?

Felix Kammerer nel ruolo del soldato Paul Bäumer.

MILANO – Durante gli annunci delle nomination degli Oscar, Niente di nuovo sul fronte occidentale – il film tedesco diretto da Edward Berger, prodotto da Netflix e già disponibile sulla piattaforma – ha ottenuto un po’ a sorpresa ben nove candidature nelle seguenti categorie: miglior film; miglior film straniero; miglior colonna sonora; migliori effetti speciali; miglior sceneggiatura non originale; miglior fotografia; miglior trucco; miglior scenografia e miglior sonoro. Di fatto così affiancandosi silenziosamente a titoli superfavoriti della serata, quali Everything Everywhere All At Once, The Fabelmans e Gli spiriti dell’isola (con gli ultimi due battuti dal film dei Daniels). Il film di Edward Berger – che di statuette ne ha portate a casa ben 4 – è il terzo adattamento dell’omonimo romanzo di Erich Maria Remarque (il più celebre rimane quello firmato nel 1930 da Lewis Milestone), ma il primo girato in lingua tedesca.

Niente di nuovo sul fronte occidentale
Felix Kammerer in una scena di Niente di nuovo sul fronte occidentale

La storia è quella del diciassettenne Paul Bäumer (Felix Kammerer), che insieme ad alcuni suoi compagni di scuola decide di arruolarsi nell’esercito tedesco a tre anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. La loro visione romantica della guerra verrà però ben presto sconvolta dalla brutalità della guerra di trincea sul fronte occidentale, dove per quattro anni i francesi e i tedeschi di scontrarono guadagnando non più di un centinaio di metri a testa sul fronte. Nel conflitto morirono tre milioni di persone. Berger – che figura anche tra gli sceneggiatori – per questa versione di Niente di nuovo sul fronte occidentale tenta un approccio liberamente ispirato al romanzo originale. Si svincola da alcune storyline e da altri personaggi per quella che è una visione topica mossa esclusivamente dal conflitto e dalle sue assurdità (un tema decisamente moderno).

Daniel Brühl è l’ufficiale Matthias Erzberger.

Se da un lato il personaggio di Paul diventa centrale, perché è lui che ci racconta la guerra con i suoi giovani occhi, parallelamente l’aggiunta del personaggio dell’ufficiale tedesco Matthias Erzberger (interpretato nel film da Daniel Brühl) marca una visione più anti conflitto, che sembrerebbe essere la strada a cui il regista Berger tiene di più per raccontare questo nuovo adattamento. In effetti l’intero film preme sul caos, la violenza e – di nuovo – l’assurdità del conflitto: seguiamo l’ufficiale Erzberger tentare di raggiungere un armistizio con i francesi che si legano a qualsiasi cavillo; dalla formalità della richiesta ad una concessione di 72 ore per dare il tempo di decidere ai tedeschi, in cui non ci saranno esclusioni di colpi fino a neanche un quarto d’ora prima dell’attuazione del cessate il fuoco.

Un altro momento di Niente di nuovo…

Qui, nel rappresentare il trauma della guerra il film diventa molto tecnico: c’è una devota cura ai dettagli e al particolare con una fotografia e un sonoro di tutto rispetto. Il film si apre con la quiete di immagini che riprendono un’alba su delle montagne; la maestosità dei boschi che non vengono smossi neanche dal vento e il ritratto di una famiglia di volpi. Questa apparente pace viene bruscamente interrotta prima dalla desolazione del campo da battaglia sovrastato di corpi di soldati inermi. Poi, in un crescendo di proiettili sparati e colpi esplosi (ai quali si unisce una peculiare colonna sonora fatta di percussioni esplosive e derive elettroniche). Ed è così che siamo nel bel mezzo della guerra. La scena d’apertura è esemplare per parlare della cura tecnica del film: i movimenti di macchina seguono con precisione un giovane e impaurito soldato tra le trincee, che di lì a poco ci avrebbe abbandonato non prima di sferrare un colpo di grazia contro un soldato francese.

Il diciassettenne Paul Bäumer e il volto della guerra in una scena.

Tutto attorno a lui è perfettamente coordinato e allo stesso tempo caotico e brutale. Purtroppo rimane poco di questo guizzo tecnico per tutto il resto del film, nonostante le concitate scene sul campo di battaglia. Nulla a che vedere con i virtuosismi da piano sequenza di 1917 di Sam Mendes: purtroppo per Berger, qualcuno prima di lui ci avevo messo più impegno e ancora più tecnica nel raccontare proprio la Prima guerra mondiale. Quei “qualcuno” erano Sam Mendes appunto e – il premio Oscar per la fotografia – Roger Deakins. E allora il paragone non può proprio reggere se qualcuno lo ha già fatto e, soprattutto, lo ha fatto meglio. Edward Berger sembra così piano piano concentrarsi troppo sull’aspetto politico, perdendo così il pathos e i dolori della guerra che i volti dei protagonisti dovrebbero saper rappresentare. Nemmeno quelli mancavano in 1917.

Il fronte e l’avanzata inutile.

Niente di nuovo sul fronte occidentale resta un film curato a cui manca terribilmente qualcosa. Come si spiegano allora nove nomination, anche in categorie importanti? Gli Oscar vanno sempre letti in un’ottica diversa da altri premi: sono un calderone e spesso, e volentieri, raccolgono sentimenti e critiche del momento – invece che dare il tempo di maturare a pellicole che meriterebbero di più. Cos’ha funzionato quindi per Niente di nuovo sul fronte occidentale? Il passaparola? Il film era già stato nominato per un Golden Globe, un Critics Choice Award e ben 14 BAFTAs. Al di là dei premi, il film di Berger ha funzionato per due motivi: la giuria dei votanti, che ogni anno si impreziosisce sempre più di nomi non americani, e il momento storico in cui un’altra guerra assurda (Russia contro Ucraina) sembra proprio non riuscire a fermarsi e nulla cambia sul fronte, oggi come allora.

  • VIDEO | Il trailer di Niente di nuovo sul fronte occidentale:

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