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Marcello Mio | Chiara Mastroianni, Christophe Honoré e il fantasma di quel padre

Catherine Deneuve, Benjamin Biolay, l’identità, l’arte e il ruolo dell’attore: dietro le quinte del film

Chiara Mastroianni in una scena di Marcello Mio, il nuovo film di Christophe Honoré. Al cinema con Lucky Red dal 23 maggio
Chiara Mastroianni in una scena di Marcello Mio, il nuovo film di Christophe Honoré. Al cinema con Lucky Red dal 23 maggio

ROMA – Questa è la storia di una donna di nome Chiara. Non è una donna come le altre, ma è un’attrice, nata il 28 maggio del 1971, figlia di due icone come Marcello Mastroianni e Catherine Deneuve. Durante un’estate che vede la sua realtà cadere nello scompiglio, Chiara decide di vivere come suo padre. Si veste come lui. Parla come lui. Respira come lui. L’imitazione di Chiara è così convincente che le persone intorno a lei iniziano a credere. Iniziano a crederci. La chiamano Marcello, la considerano Marcello. Parte da qui Marcello Mio, il nuovo film di Christophe Honoré che, dopo essere stato presentato in concorso a Cannes, arriva ora nelle sale italiane, un modo unico per celebrare anche il centenario della nascita di Mastroianni, nato il 28 settembre del 1924. Ma com’è il film? E da dove arriva il progetto?

Chiara Mastroianni e Catherine Deneuve in un momento di Marcello Mio

Il viaggio di Marcello Mio in realtà viene da molto lontano, non è una semplice celebrazione del centenario, affonda le radici creative addirittura nell’adolescenza del regista. Precisamente a Rennes, durante una retrospettiva Fellini di quand’era studente: «Probabilmente era, o forse La Dolce Vita. Tendo a mescolare le due cose», spiega Honoré. «Ma non sono andato per Marcello Mastroianni. All’epoca la mia cinefilia non prevedeva l’ammirazione e nemmeno l’adulazione di attori e attrici, con i poster appesi alle pareti della mia camera da letto, per intenderci. Si trattava più di autori, nella grande tradizione critica francese, in particolare quella dei Cahiers del Cinema. Quindi sì, Mastroianni, uomo irresistibile, grande attore, figura mitica del cinema degli anni Sessanta e Settanta, ma è stato Federico Fellini – di cui Mastroianni è evidentemente l’alter-ego – a interessarmi di più in questi due film…».

Marcello Mio, un film di Christophe Honoré, al cinema dal 23 maggio con Lucky Red
Chiara Mastroianni si trasforma in Marcello.

Per Honoré, quello per Mastroianni fu poi amore artistico a prima visione, e qualche anno dopo il regista capì quale era la forza dell’attore: «Ho capito poi perché era così grande e intenso, non solo nei film di Fellini. Mastroianni non pretendeva mai di sapere cosa stava interpretando. Pertanto con lui, volatile ed effimero, tutte le incarnazioni, le eventualità e i cambiamenti di identità sono possibili. Quindi con Marcello Mio ero partito dall’idea di voler raccontare la vita quotidiana degli attori quando non stanno lavorando ad un film. Volevo ritrarre la mia attrice francese preferita, Chiara Mastroianni, durante i momenti ordinari di relativa passività quando non gira, la sua vita quotidiana, il ritmo familiare. Chiara è un’attrice singolare perché nessuno può fare a meno di pensare che la sua vita privata e quella cinematografica si confondano…».

Chiara Mastroianni e Fabrice Luchini in un momento di Marcello Mio
Chiara e Fabrice Luchini in un altro momento di Marcello Mio

Attrice preferita è quasi un eufemismo in questo caso. Quello tra Honoré e Mastroianni, infatti, è un autentico sodalizio artistico che dal 2007 ad oggi ha prodotto sei lungometraggi: Les Chansons d’Amour, La Belle Personne, Non ma fille tu n’iras pas danser, Homme au bain, Les Bien-Aimés e L’hotel degli amori smarriti (che avevamo amato e vi avevamo raccontato qui). Ovviamente sette se adesso nel computo mettiamo anche questo Marcello Mio, ma sarebbe riduttivo definire un’opera così colorita, suggestiva e piena di storia, cinema e vita, un semplice film per Chiara Mastroianni. Specie considerando come, da figlia, ha vissuto il rapporto dei due genitori: «Non ho mai visto i miei genitori insieme, mai in tutta la vita», ha spiegato in un’intervista. «Si sono separati quando avevo due anni. Non li ricordo come coppia, non li ho mai visti baciarsi, tranne che nei film…».

Chiara Mastroianni in una scena del film
Chiara Mastroianni in una scena del film

Da qui un aneddoto formidabile, in cui si mescolano cinema e vita reale, film di finzione e emozioni vere: «Uno dei primi film che abbia mai visto con loro è stata la commedia di Jacques Demy, Niente di grave, suo marito è incinto, del 1973», ha ricordato l’attrice. «Dunque, immagina di non aver mai visto i tuoi genitori insieme in tutta la vita, ma poi li vedi fare così in un film. Assurdo, no? Non è nemmeno un bel film, ma mi ha fatto una certa impressione. Ed è lì che la mia vita è diventata davvero psichedelica. Non ho bisogno di allucinogeni: i miei geni producono il loro acido». E la coppia Mastroianni & Deneuve ne fece altri di film: Tempo d’amore, Non toccare la dama bianca, La cagna e Cento e una notte. Tutti ritratti di famiglia visti con gli occhi di Chiara. Ma in realtà non è nemmeno su questi film che ruotano gli omaggi e le suggestioni di Marcello Mio.

Come nel finale de La Dolce Vita, film di Federico Fellini del 1960
Chiara come nel finale de La Dolce Vita di Federico Fellini.

Perché la base di partenza è la cinefilia sfrenata di Honoré che sceglie di omaggiare Mastroianni – e quindi di riflesso Fellini e il suo cinema immaginifico – nelle immagini pure e poetiche di Marcello Mio, ora nel rievocare l’immortale scena della Fontana di Trevi de La Dolce Vita in due differenti momenti (ma non solo), ora vestendo Chiara dei panni morfologico-semantici di un Mastroianni in particolare: il Guido Anselmi di . Una scelta niente affatto casuale visto il linguaggio adottato da Honoré per la sua creatura narrativa. Un racconto in presa diretta, limpido, in bilico tra realtà e sogno, familiare e fantastico, reso nelle forme di un Marcello Mio opera folle e rischiosa, giocosa e spirituale, che sembra vivere di una doppia (e colorita) accezione.

Una scena del film
Marcello e il cast del film, da Benjamin Biolay a Nicole Garcia e Luchini.

Da una parte, nella sua componente meta-linguistico-cinematografica, un’ode all’arte dell’attore, al metodo e al processo di immedesimazione e caratterizzazione in valore assoluto. Dall’altra, nella componente più intima e familiare, Marcello Mio è una celebrazione del genio artistico, dell’uomo (e del padre) Mastroianni attraverso il corpo, la mimica e la gestualità di una Chiara Mastroianni che ne tratteggia lo spirito con coraggio e amore. Non solo, il film è anche un coming-of-middle-age sul valore della propria identità e sull’importanza del trovare il proprio posto nel mondo, oltre che un’opera sulla memoria (personale) e l’immortalità cinematografica. Un film capace di regalarci una Deneuve inedita, spontanea e naturale, un Luchini come linea comica da antologia, e dei momenti destinati ad entrare di diritto nella storia del cinema. Un film da non perdere.

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