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Luca Miniero: «Il mio Mussolini? Il filtro per raccontare un Paese populista»

Sono Tornato e quella domanda pericolosa: cosa accadrebbe se in Italia tornasse il Duce?

Massimo Popolizio è Benito Mussolini in Sono Tornato. Foto Claudio Iannone

ROMA – Una campagna elettorale centrata su chi fa la promessa più eclatante, derive neofasciste e celebrazioni per il Giorno della Memoria: Sono Tornato, l’ultimo film di Luca Miniero, non poteva uscire in sala in un momento più azzeccato. Remake della commedia tedesca Lui è tornato, diretta da David Wnendt nel 2015 – in cui si raccontava il ritorno di Adolf Hitler nella Germania contemporanea – il film sostituisce il Führer con Benito Mussolini e la Porta di Brandeburgo con Piazza Venezia. A settantatré anni dalla morte, il Duce (un grande Massimo Popolizio) torna improvvisamente tra noi e, complice l’aspirante documentarista Canaletti (Frank Matano), gira l’Italia ed i salotti televisivi con l’obiettivo di ristabilire l’Impero. Un mix di commedia e candid camera che non mancherà di sollevare polemiche, in cui si mostra un’Italia nostalgica e dalla memoria corta come ha raccontato lo stesso Miniero a Hot Corn alla conferenza stampa del film a Villa Torlonia.

Luca Miniero con Frank Matano sul set di Sono Tornato.

IL POPULISMO «Penso che il nostro Benito Mussolini faccia paura non perché possa riportare il fascismo in Italia ma perché il suo ritorno avviene in un Paese già populista. E probabilmente uno dei poteri che rende questo Paese populista, almeno nel film, è proprio il sistema dei media».

LE REAZIONI «Prima di lavorare con Massimo Popolizio, dato che non sapevamo cosa sarebbe potuto accadere, abbiamo travestito una persona, gli abbiamo fatto tagliare i capelli e l’abbiamo mandato in giro per la città senza macchina da presa al seguito. La reazione, in alcuni casi, è stata violenta, ci hanno anche cacciati da qualche luogo, mentre altrove erano accondiscendenti…».

Ancora Matano con Massimo Popolizio nei panni di Benito Mussolini. Foto Claudio Iannone.

L’ADATTAMENTO «Quando si fa un film del genere credo si debba trapiantare l’emozione e non tanto la trama. E di emozioni e reazioni nel nostro film ce ne sono di molto diverse rispetto all’originale tedesco. In più noi, non avendo un demonio come poteva essere Hitler ma un para-demonio come può essere Mussolini – già valutato dalla storia – non volevamo giudicarlo, così da poter vedere gli italiani e le loro reazioni. Se avessimo fatto come nel film tedesco, dove veniva continuamente ripetuto quanto era cattivo e cosa aveva fatto Hitler, ci saremmo posti su un terreno, giustamente, ideologico ma probabilmente poco attento nel rilevare le caratteristiche degli italiani».

L’APOLOGIA «Nella prima parte ti tira dentro con un personaggio umano ma non per questo è apologia del fascismo. Mussolini ultimo atto di Carlo Lizzani è una delle fonti d’ispirazione per quanto riguarda il personaggio ma poi, per noi, diventa un filtro per raccontare altro. Sappiamo benissimo che ha fatto di peggio di quello che si vede nel film e mi sottraggo dall’accusa di essere stati teneri nel tratteggiarlo. Lo scandalo è proprio questo. Mussolini passa tra noi, ed è uno di noi. Questo è ciò che è difficile da sopportare…».

Popolizio alias Benito Mussolini alle prese con il rito dei selfie.

IL FANTASMA «Il fantasma di Benito Mussolini gira molto in questi giorni nelle campagne elettorali per farsi pubblicità perché è un personaggio che gli italiani hanno sempre giudicato con troppa indulgenza a differenza dei tedeschi e del tabù che c’è stato in Germania con Hitler…».

IL RICORDO «All’inizio sembra un politico, forse anche più brillante, ma se ci fate caso Mussolini non propone mai una soluzione. Proprio come i nostri politici. È l’emblema del populismo. Ci piace ma non ci rendiamo conto che non dice nulla. E, nonostante non dica nulla, ci convince. Questo è l’aspetto drammatico ed assurdo. La gente ha dimenticato quello che ha fatto e nel film ce lo ricorda una donna malata di Alzheimer».

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