ROMA – D’accordo, forse il titolo usato per questo articolo potrebbe essere fuorviante, perché da un certo punto di vista Tuo, Simon è la solita teen dramedy. Nel senso che l’impianto narrativo del film risponde alla perfezione ad un codice ben codificato sul grande schermo che, senza andare troppo indietro nel tempo, dalle pellicole di John Hughes ad oggi, si muove (con le dovute modifiche) all’interno di una struttura standardizzata. Ma attenzione: non è necessariamente un male però soprattutto quando – come nel caso del film diretto da Greg Berlanti – quel canovaccio viene supportato da idee e tematiche sviluppate con un taglio fresco, equilibrato e intelligente.
Ma chi è il Simon del titolo, interpretato da un sorprendente Nick Robinson, già visto in una vera dramedy come Noi siamo tutto? Un liceale di diciassette anni della periferia di Atlanta con due genitori e una sorella amorevoli, un gruppo unito di amici e un segreto inconfessabile: non ha mai svelato a nessuno di loro di essere gay. Nessuno con cui confrontarsi, quindi. Una solitudine spezzata quando un compagno di liceo, Blue, decide di fare coming out sulla chat della scuola. Tra i due parte un carteggio virtuale – con lo pseudonimo di Jacques – fatto di mail-confessione in cui condividere reciproci timori e, notifica dopo notifica, avvicinarsi. Un segreto, però, messo in pericolo da un ricatto che darà vita ai goffi tentativi di Simon per non svelare la sua vera identità.
Adattamento del romanzo Non so chi sei, ma io sono qui di Becky Albertalli – edito in Italia da Mondadori – Tuo, Simon è sceneggiato dalla coppia composta da Elizabeth Berger e Isaac Aptaker, già dietro il successo di This is Us. Non è un caso: guardando il film spesso si ha la netta impressione di assistere a un lungo episodio di una serie. E però nemmeno questo è un male perché il target verso cui il film è indirizzato è proprio quello dei coetanei dei protagonisti. Un pubblico che, come loro, è immerso nel social e con con cui condivide le tematiche (universali) della sfera teen. A decretarne il successo (e la diversità), in primis, l’approccio ironico del film che si discosta dai drammi – necessari e altrettanto potenti – che raccontano le difficoltà di dichiarare o vivere apertamente la propria omosessualità.
Un aspetto capace di smontare trasversalmente con una risata – brillante e acuta – i pregiudizi altrui. Non immune dalla presenza di cliché, Tuo, Simon, ha però l’enorme merito di parlare a tutti (genitori compresi), senza etichette, proprio in virtù di quella frase più volte ripetuta dal protagonista: «Sono come te». Un messaggio semplice quanto essenziale, importante tassello di inclusione e considerazione (anche cinematografica) per la comunità di adolescenti LGBTQ+ e per chiunque, almeno una volta, si sia sentito solo con un peso troppo grande da portare. «Ora puoi lasciarti andare…».
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- VIDEO | Qui il trailer di Tuo, Simon:
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