MILANO – Bertrand Mandico è uno di quei registi che silenziosamente stanno scrivendo la storia di un cinema sotterraneo, nascosto, quello che viene mostrato e celebrato nei Festival ma non poi espanso e comunicato al pubblico tramite una distribuzione capillare nelle sale o un deciso sostegno all’interno del catalogo di una piattaforma di streaming. Il fulcro pulsante del cinema di Mandico è il corpo, declinato e vivisezionato in ogni curvatura possibile, occultato dalla parola e osservato dall’immagine, trasportato e fluidificato dentro ogni società possibile.
Les Garçons sauvages – il suo primo lungometraggio e selezionato dai Cahiers du Cinéma come miglior film del 2018 – racconta di cinque giovani che lentamente vengono trasformati in donne, il suo ultimo film Conann – presentato all’ultima edizione di Cannes nella sezione Quinzaine des Cinéastes – è una rivisitazione in chiave femminile della figura di Conan Il Barbaro, ma prima del 2017 ha lavorato per vent’anni in produzioni più piccole, districandosi tra cortometraggi e mediometraggi perfetti da approcciare per conoscere l’estetica e l’identità cinematografica del regista francese.
In Living Still Life, cortometraggio del 2012 selezionato alla 69ª edizione di Venezia in Orizzonti – Short Films e disponibile su MUBI insieme ad altri lavori laterali, il corpo diventa espressione fisica del confine tra vita e morte. Una realtà vicina al sogno, i colori che violentano e assorbono la scena, la struttura narrativa che si apre si chiude su sé stessa attraverso la voce di una donna che sussurra un desiderio profetico che prima viene desiderato e alla fine profetizzato, e nel centro una sezione di quattro capitoli che disegnano e palesano il tema: una donna misteriosa che raccoglie animali morti (la lepre morta, il cane fiorito, il cavallo annegato, la donna di un uomo in lutto) e li riporta in vita attraverso la stop-motion, scattando foto in bianco e nero muovendoli così attraverso una nuova realtà.
Bertrand Mandico in Living Still Life disegna il corpo come veicolo e l’animazione uno strumento capace di creare un ponte tra vita e morte, sradicare il confine e rimescolare i concetti in qualcosa di più fluido e cromatico. Mandico costruisce un mondo onirico dove colano colori dentro case, una neve affusolata si scontra con una natura essiccata e spenta, colori che si intersecano ed esplodono in quadri surreali, una donna demiurgo che ridona vita attraverso il fotogramma, la finzione per eccellenza che sovrasta la realtà, la devia, la ingloba dentro una relatività incapace di accettare il concetto di vero. Living Still Life è una trasmigrazione verso un luogo lontano per raccontare ciò che più ci è affine, il rapporto intimo e viscerale con il corpo messo in relazione con la morte, con la possibilità di andare oltre.
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