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Tra Cesare Pavese e i ricordi | Lei mi parla ancora e l’amore secondo Pupi Avati

Una riflessione sul tempo come sentimento con protagonista un grande Renato Pozzetto. Su CHILI

lei mi parla ancora

ROMA – Che Pupi Avati fosse ancora in grandissima forma ce ne eravamo accorti già lo scorso anno con Il Signor Diavolo, ritorno alle origini (horror) in cui il regista, classe 1938, ci ha regalato uno dei migliori (e più inquietanti) finali del recente cinema italiano. Oggi lo ritroviamo alla regia di Lei mi parla ancora – lo trovate ora in streaming su CHILI – tratto dall’omonimo romanzo scritto nel 2014 da Giuseppe Sgarbi, il padre di Elisabetta e Vittorio, nel quale l’uomo, con l’aiuto del ghost writer Giuseppe Cesaro, rievoca gli anni trascorsi al fianco dell’amata moglie Caterina all’indomani della sua morte.

Lei mi parla ancora
Chiara Caselli e Renato Pozzetto in una scena di Lei mi parla ancora

Una storia che parla d’amore e di assenza e di come il ricordo di chi non c’è più riempia mente, cuore e spazi. È un cinema colmo di sentimento quello che mette in scena Pupi Avati, quasi inverosimile nella sua assolutezza, e lo si capisce fin dalle prime sequenze, dolcissime e dolorose. L’ultimo saluto di una coppia che ha trascorso la vita insieme, un due che diventa uno. E come già fatto in molti suoi film, da Il figlio più piccolo a Il papà di Giovanna, il regista raduna attorno a sé un cast corale, fatto di volti familiari e inediti, tutt’altro che scontato. A partire dal suo protagonista, un Renato Pozzetto gigantesco, tenero, commovente nel ritratto di un uomo, Nino, che non permette neppure alla morte di allontanarlo da quella moglie a cui aveva giurato amore eterno.

Lei mi parla ancora
Isabella Ragonese e Lino Musella in una scena di Lei mi parla ancora

Lei mi parla ancora mette in scena il retroscena della nascita del libro di memorie da cui prende spunto. Il regalo di una figlia – interpretata da Chiara Caselli – a un padre a cui dare un appiglio dalla solitudine facendo riaffiorare i ricordi di una vita. Per farlo si affida ad Amicangelo (Fabrizio Gifuni), un’aspirante scrittore, separato e padre di una bambina per la quale dovrebbe essere più presente. Attraverso questi due uomini, Avati descrive due mondi e modi di intendere la vita. Da un lato un uomo ancorato a valori e ideali di un altro secolo, dall’altra un uomo precario, inquieto, irrisolto. Un come eravamo e come siamo diventati. Da quest’incontro esplodono schegge di ricordi, in cui i volti di ieri si sovrappongono a quelli di oggi e viceversa.

Una scena del film

Un film dalle sfumature autobiografiche in cui Avati mette in scena la sua paura di uomo adulto davanti a una stagione della vita, la vecchiaia, che permette solo di guardarsi indietro. E in quelle sequenze ambientate nel passato – con protagonisti due ottimi attori come Isabella Ragonese e Lino Musella – c’è tutta l’essenza del suo grande cinema. Una materia che conosce e maneggia con sconfinata maestria. Poco importa allora se c’è più fatica nel raccontare il presente e le sue dinamiche perché Lei mi parla ancora è un film prezioso, universale e sì, moderno. Contro la dittatura dei social e delle storie che spariscono dopo ventiquattro ore, Avati racconta il tempo come un sentimento infinito, immortale. La storia di un “per sempre”, tra Cesare Pavese e Raymond Carver, il cui il ricordo è il legame tra chi resta e chi va via.

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Qui potete vedere la nostra intervista a Chiara Caselli:

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