MILANO – Forse, chissà, arriverà un momento in cui i film non verranno più sezionati come equazioni matematiche, ma verranno valutati anche per ciò a cui rimandano, i temi che sottendono, i punti di frattura che toccano. Quindi? Quindi rivedere oggi La conseguenza – film uscito nel 2019 e sonoro flop con 10 milioni di dollari di incasso – significa capire che di primo acchito non è per niente un film perfetto (ma esistono film perfetti?), ma è solo una sorta di melodramma 2.0 con Keira Knightley in versione Espiazione e la Germania dell’immediato Dopo Guerra come scenario. Punto. Amburgo è rasa al suolo, i vinti cercano di sopravvivere tra i rifiuti, i vincitori occupano le loro case rivendicando il dolore. Tedeschi e inglesi, nazisti e civili, nostalgici e vittime, tutti persi in un conflitto finito eppure non ancora concluso.
Lei, Rachael Morgan, arriva a Amburgo per ritrovare il marito, Lewis, e insieme occupano la casa di un architetto benestante, Stefan Lubert, che vive con la figlia, orfana di madre. Le loro vite cambieranno per sempre. Basti sapere questo de La conseguenza, un film che forse avrebbe dovuto chiamarsi L’assenza visto che i veri protagonisti qui sono gli assenti: una moglie, un figlio, un intero Paese, perfino un amore che non ritorna più. Germania anno zero, si potrebbe dire, parafrasando Rossellini, osservando le macerie di Amburgo, bombardata e distrutta in pochi giorni, il 28 luglio 1943, con il feuersturm dell’Operazione Gomorrah, lasciando orfani, vedovi e vedove ovunque.
Lo sguardo triste del marito Jason Clarke – che attore magnifico, sempre poco celebrato, sempre dato per scontato – vede e sopporta, quasi non reagisce, nel cuore (e in tasca) ha il viso di un bambino che non c’è più e che non è mai riuscito a piangere fino in fondo. Lei vive su un lastra di ghiaccio sottile, cerca di dimenticare, spera che odiare il nemico le possa servire a nutrire la sua nuova vita. Non servirà a nulla. Sul fondo della scena, suoni e oggetti, Debussy e design, con gli altri personaggi persi dentro una storia di cui non sono protagonisti e lo sanno: i nostalgici di Hitler, i nemici dell’88, gli inglesi arroganti e quelli che cercano semplicemente di arrivare vivi alla fine della giornata.
Potrebbe banalmente essere raccontato come un triangolo sentimentale, invece La conseguenza è molto di più, una riflessione sulla perdita e sul perdono. Sulla difficoltà di sopravvivere a quello che rimane. Di convivere con quello che rimane. Di trovare una ragione per rimanere. «Perché te ne sei andato? Perché non sei rimasto con me?», chiede lei. Lui non parla, risponderà solo alla fine, in una scena che vale il film, che proprio nel faccione buono di Clarke ha il suo punto di forza, il punto di unione tra le varie anime, sconvolte prima e affascinate poi dalla Stunde Null, l’ora zero da cui si riparte verso un’altra vita. E qui, tornando al punto di partenza ed evitando l’eccessiva analisi, rimane la domanda che La conseguenza ha il merito di lasciare addosso allo spettatore che esce dal cinema: fino a quanto può essere sopportato un dolore? «Aufs Herz oder den Kopf hören?».
- Qui sotto il trailer de La conseguenza:
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