in

HOT CORN KIDS | Babbo Natale, Mengoni e una leggenda: cos’è Klaus e perché funziona

Il primo cartone animato targato Netflix? Delizioso. Con un occhio ai Classici Disney…

Klaus e e Jesper

ROMA – In un’era narrativa in cui si racconta la genesi di tutto (e di più), Netflix ha avuto l’idea folgorante di narrare le origini di un mito: Santa Claus. E lo fa, per la prima volta, grazie ad un (bel) cartoon, distribuendo così il primo lungometraggio d’animazione: Klaus. Dietro il film, l’ispanico Sergio Pablos, alla prima regia, dopo aver co-ideato l’universo di Cattivissimo Me, ed essere stato per anni animatore in casa Disney. Infatti, per il suo Klaus, l’impronta disneyana (per grafica e linguaggio) è più marcata che non si potrebbe. Anzi, possiamo (addirittura) considerare Klaus come una sorta di omaggio proprio a quei lungometraggi animati.

Le lettere di Jesper

Perché il film, oltre ad essere un debutto – per il regista e per Netflix – è un ritorno alle origini dei cartoni che tanto abbiamo amato: niente 3D (o meglio, c’è ma è sapientemente mascherato e amalgamato), disegni a mano, come si faceva un tempo. Tratti e contorni, chine e colori, tavole da animare e mettere in sequenza, nel prequel che rielabora la leggenda dell’uomo più amato dai piccoli sognatori. E il risultato, se lo si lega alla sceneggiatura – scritta da Pablos, insieme a Zach Lewis e Jim Mahoney -, è di quelli importanti, che stupiscono, commuovono, divertono.

La città di Smeerensburg a Natale, in un’art di Sergio Pablos

La storia di Klaus? Tutto parte da una lettera non recapitata dall’indolente postino Jesper (Marco Mengoni da noi, in originale Jason Schwarztman). Per punirlo, il padre lo spedisce a Smeerensburg, sperduto paese ai confini del Nord, dove gli abitanti passano le giornate a farsi la guerra. Per tornare a casa, Jesper dovrà consegnare seimila lettere. Missione impossibile? Sì, calcolando che nessuno ha intenzione di scrivere all’altro. Le cose cambiano però quando Jesper si imbatte in un ombroso falegname dalla barba bianca, Klaus (Francesco Pannofino, nella versione inglese è J.K. Simmons) che, nella sua casa in mezzo al bosco, costruisce giocattoli…

Jesper e Klaus

Due righe di trama – non andiamo oltre – per una fiaba magnifica, che non cerca la risata forzata, bensì insegue l’emozione di far provare al pubblico (letteralmente da 0 a 99 anni) la meraviglia e il senso del Natale e dei suoi sinonimi: amore, unione, condivisione, comprensione. Il tutto, con un tocco giocoso, che va a rispecchiarsi nella resa estetica di un artigianato contemporaneo. Facendoci (ri)scoprire la magia, la potenza e la bellezza del tratto di una matita su un foglio. Capace di creare l’impossibile e, soprattutto, facendoci tornare, per un attimo, quei bambini che, persi dentro la notte del 24 dicembre, aspettavano impazienti un amico mai conosciuto.

  • Qui la nostra intervista ai doppiatori di Klaus:

Lascia un Commento

Da Miles Davis e Jonny Greenwood a Kendrick Lamar | La playlist di Hot Corn

The Americans, Perry Mason e Tom Hanks | L’uomo del momento? Matthew Rhys