CANNES – Lo sguardo vacuo, spietato e privo di emozioni di John Travolta fa venire i brividi. Non allarmatevi: stiamo parlando della sua ultima trasformazione per Gotti – presentato qui al Festival in anteprima – in cui presta il volto all’omonimo mafioso che mise New York in ginocchio. Nel cast, anche la moglie Kelly Preston che, inoltre, lo ha accompagnato qui sulla Croisette per i 40 anni di Grease. Dal vivo, invece, l’attore si comporta come solo le leggende sanno fare, con un garbo e una disponibilità da togliere il fiato. Dopo tanti anni ancora si commuove per i complimenti, specialmente quando chiacchiera con il pubblico durante una masterclass di due ore che diventa una lezione di cinema. E davanti ai fan gli si incrina la voce e abbassa gli occhi per la commozione.
MARLON BRANDO «L’ho incontrato cinque anni prima che morisse, alla fine degli anni Novanta, perché lo avrei voluto al mio fianco in A Civil Action ma purtroppo non fu possibile. Ricordo però che mi diede il consiglio più importante di tutta la mia carriera: «Se un regista non ti ama, non fare il suo film». E aveva ragione: le mie migliori performance sono state dirette da cineasti pazzi del mio lavoro e che si sono sempre fidati del mio giudizio».
LA FEBBRE DEL SABATO SERA «La febbre del sabato sera? Pensavo fosse un filmetto. Mai mi sarei immaginato che sarebbe diventato un fenomeno culturale. Per fortuna la fama non mi ha colto di sorpresa. Da un paio d’anni ero noto per una serie tv, I ragazzi del sabato sera, e quindi il processo fu graduale. Di quel periodo ricordo le lezioni di danza quotidiane, da settembre a febbraio, e poi le lunghe ore sul set – anche diciannove di fila – perché tutti noi del cast volevamo dare il massimo».
PULP FICTION «Mi ha regalato il lusso di poter scegliere film e registi per i successivi venticinque anni di carriera. Per non parlare del fatto che la Palma d’oro a Cannes è arrivata del tutto inaspettata e lanciò Pulp Fiction a livello mondiale. E pensare che inizialmente la pellicola era stata pensata per un pubblico di nicchia. Credo davvero che quel film abbia cambiato la storia del cinema esplorando un territorio nuovo, quasi fosse una versione moderna dei film di François Truffaut o Claude Lelouch».
VINCENT VEGA «Ricordo che Quentin mi disse: “John, devi essere imprevedibile in scena, se avessi voluto fare una scelta più scontata non avrei chiamato te”. Nel momento in cui mi sono guardato allo specchio con quel taglio di capelli ho subito visto emergere il personaggio. Da lì è iniziato tutto, da lì è nato Vincent Vega».
IO E I REGISTI «Sul set di Blow out ho mostrato a Brian De Palma tre diverse versioni che avevo in mente per il mio personaggio affinché scegliesse la sua preferita. Lui mi disse: “Ti paghiamo profumatamente proprio perché la scelta la faccia tu, quindi muoviti”. E aveva ragione: al regista spetta la creazione del film, a me quella del ruolo. Ma non è sempre così facile. I migliori filmmaker sono quelli che ti lasciano spazio e non ti assillano con continue restrizioni. Altri, invece, hanno un carattere un po’ “particolare”, come Oliver Stone. Non sapevo proprio come prenderlo e allora mi sono chiesto come l’avrebbe trattato sua madre. Da quel momento, ogni volta che lo vedevo, gli andavo incontro e lo abbracciavo. Beh, ha funzionato».
I RISCHI «Ho sempre amato prendermi dei rischi, solo così posso stare bene con me stesso e trovare la giusta motivazione e grinta per metterci tutta l’anima. Il tempo mi ha dato ragione. Grease, ad esempio, ha appena compiuto quarant’anni anni e continua a rimanere un film moderno e apprezzato da tutte le generazioni mentre, al contrario, Via col vento è un classico e quindi incastonato in un’epoca ben precisa».
GOTTI «Ho accettato il ruolo per darmi una scossa, fare qualcosa di completamente diverso. Non giudico mai moralmente i miei personaggi, ma ne abbraccio il codice etico. Questo mafioso, ad esempio, ha una devozione per Cosa Nostra che lui considera sacra e che io, come suo interprete, devo incarnare».
L’OSCAR «L’assenza di un Oscar nella mia carriera? No, non mi rende triste o poco considerato. Anzi, mi sento apprezzato il giusto. Per me già l’aver ricevuto due nomination è un grande privilegio. Se poi sommiamo i tre Golden Globe vinti e le altre otto candidature, beh posso ritenermi davvero soddisfatto. Ma non puoi lavorare per i premi. Io questo mestiere lo faccio per un solo motivo: perché lo amo».
- Qui il photocall a Cannes di Gotti, mentre su CHILI potete rivedere Grease, Pulp Fiction e tutti i grandi film di John Travolta.
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