Senza l’uso del condizionale, possiamo intitolare la nostra intervista, ‘Le Mirabolanti Avventure Cinematografiche di Inti Carboni’. Eh già, perché pochi come Inti – romano, classe ’71 – portano nello zaino un’avventura cinematografica che lo vede (tenetevi forte) aiuto regista al fianco dei più grandi autori mondiali e italiani. Qualche nome? Da Ron Howard a Verdone, da Scorsese a Wes Anderson, da Tornatore a Montaldo. «Scorsese? In continua evoluzione. Howard? Un Gentiluomo. Verdone? Ha un cuore enorme», racconta ad Hot Corn. Ma Inti Carboni è stato anche produttore dell’apprezzato documentario S Is For Stanley di Alex Infascelli. Una storia pregna di cinema, di incontri magici e di inaspettati aneddoti quella di Carboni, con il lavoro che ha per lui una chiarissima linea guida: «La scelta di base è sempre personale: principalmente cerco di lavorare solo con persone piacevoli!», ci dice. Ed è impossibile dargli torto.

VITA DA… SET «Aneddoti? Quanti ne volete! Sono rimasto una notte disperso nel Mar Nero…E non solo: ho viaggiato attraverso l’Ucraina, accompagnando la salma di un direttore della fotografia morto durante le riprese – la cui bara è stata smarrita dalla compagnia aerea il giorno del funerale, ma questa è un’altra storia -, ho avuto a che fare con i gitani spagnoli, con star americane ubriache, con criminali di varie nazionalità e, sì, con alti rappresentanti di Scientology. Insomma, se le racconto tutte, sembra che a parlare sia il Manuel Fantoni di Borotalco…»

I REGISTI «Scorsese è un uomo con una personalità dalle mille sfaccettature, possiede una cultura così profonda dando l’impressione che non dorma mai. Carlo Verdone? Lo conosco da una vita. Lavorare insieme, oltre che un onore, è un ritorno all’umanità che, spesso, si perde nei meccanismi della lavorazione cinematografica. Con lui l’atmosfera sul set è diversa, leggera, divertente. È una persona di gran cuore e sensibilità. Poi c’è Ron Howard, un vero uomo da set e un vero gentiluomo. Wes Anderson, invece, è il mio regista preferito. L’attenzione maniacale ai dettagli è bilanciata da uno spirito divertito da ragazzino cineamatore, che filma un set di treni giocattolo e soldatini, insieme ai suoi amici».

GLI ATTORI «I ricordi più belli sono quelli legati alle persone che, oltre alla professionalità, portano sul film anche la loro carica umana: Willem Dafoe ha una personalità molto solare, assolutamente contrastante con i ruoli che interpreta; Tom Hanks è di una semplicità estrema; Carlo Verdone è molto generoso con gli attori con cui gira, dandogli attenzioni continue…».

HOLLYWOOD «Los Angeles? Le riprese dei grossi film americani sono più vicine ad operazioni militari che a esperienze artistiche! Il linguaggio utilizzato è simile, e il controllo del territorio per le riprese è la preoccupazione maggiore. L’obiettivo è trasformare qualsiasi luogo, anche il centro di una città, in un set cinematografico fruibile come in un teatro di posa. Il tempo è denaro per Hollywood e bisogna eliminare la possibilità di inconvenienti che possano rallentare le riprese. Però il rispetto della professionalità è altissimo, e l’attenzione alla sicurezza sul set encomiabile».

INDUSTRY «Gli americani hanno un grande amore per il cinema italiano, anche se spesso è legato ai classici degli Anni Cinquanta o Sessanta, o ai maestri della fantasia come Fellini. Del cinema contemporaneo conoscono molto poco. E, per assurdo, conoscono pochissimo del loro stesso cinema indipendente, da noi osannato e apprezzato. La loro è principalmente un’industria dell’intrattenimento prima che un operazione culturale».

IL SOGNO «Se potessi tornare indietro mi piacerebbe lavorare con Elio Petri! Vedo tantissimi titoli, e quello che mi ha colpito ultimamente è White God, un film ungherese che con la scusa di parlare di cani maltrattati, parla di intolleranza e razzismo. Le serie TV hanno il vantaggio di poter raccontare in una forma più estesa temi troppo complessi per i 90′ di un film: Carlos e Generation Kill sono le miniserie che più ho apprezzato, per esempio. Sulla serialità a più stagioni, mi piace molto Fauda, una serie israeliana, o The Americans, Handmaid’s Tale e la grande sorpresa dell’anno: Il Miracolo».

NUOVI MONDI «Il modelli di distribuzione online, Svod, Tvod e Avod, sono la salvezza del cinema indipendente e d’arte. Aver svincolato il modello di distribuzione e finanziamento dalla sala, e soprattutto dai network televisivi tradizionali, dà una possibilità in più rispetto al cinema commerciale. I provider hanno bisogno di cinema di ogni nicchia espressiva, e sembra che puntino molto sulla diversità di genere creativo. E questo è un bene…».
- Qui trovate l’intervista di Hot Corn a Edoardo Pesce
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