ROMA – Nel 1943, nel pieno della Guerra del Pacifico, Hisako, la madre del dodicenne Mahito Maki, muore in un incendio. Il padre di Mahito, Shoichi, proprietario di una fabbrica di munizioni aeree, si risposa con la sorella minore della defunta moglie, Natsuko, identica a lei. Mahito non riesce però a elaborare il dolore della perdita e ad entrare in contatto con Natsuko, ora incinta. Un giorno Mahito incontra un misterioso airone cenerino nella tenuta in cui vive con la famiglia: sarà l’inizio di un’avventura straordinaria in un regno fatato dove la morte finisce e la vita trova un nuovo principio. Parte da qui Il ragazzo e l’airone, il nuovo anime di Hayao Miyazaki ora finalmente al cinema dopo una lunga attesa.
Un progetto dalla genesi travagliata Il ragazzo e l’airone, specie considerando che in teoria, all’indomani de Si alza il vento, Miyazaki avrebbe dovuto appendere la matita al chiodo e abbracciare la meritata pensione: «So di aver detto che mi sarei ritirato molte volte in passato. Molti di voi penseranno – Ancora! – ma stavolta sono abbastanza serio». Non lo è stato, scegliendo di tornare sui propri passi nel 2017 per iniziare a lavorare allo storyboard con l’executive Toshio Suzuki. Poi lo script, prefigurato da Miyazaki come l’unione narrativa di due romanzi: Il libro delle cose perdute di John Connolly, di cui ricalca la struttura, e La torre spettrale di Ranpo Edogawa per uno specifico momento del racconto. Non ultimo la scelta del titolo. Quel Kimi-tachi wa dō ikiru ka traducibile con il titolo internazionale How Do You Live? ispirato all’omonimo romanzo E voi come vivrete? di Genzaburō Yoshino del 1937.
Un racconto universale di crescita spirituale, povertà ed esperienza complessiva dell’adolescenza in quanto esseri umani. Una scelta profondamente personale per Miyazaki, legato al romanzo da tutta la vita, che ha voluto dedicare il film al proprio nipotino con un preciso messaggio: «Il nonno se ne andrà presto nell’aldilà, ma si lascia alle spalle questo film» e con esso una filmografia fatta solo di capolavori assoluti. Questo, in particolare, per mesi è rimasto avvolto nel mistero su precisa volontà di Miyazaki che ha voluto accompagnare la distribuzione de Il ragazzo e l’airone nelle sale nipponiche lo scorso 14 luglio attraverso una campagna pubblicitaria semplice, ridotta all’essenziale: un’enigmatica locandina con un disegno dell’airone realizzata dallo stesso Miyazaki. Una scelta in totale antitesi con quello che invece rappresenta l’evento filmico in sé de Il ragazzo e l’airone, ma che ne prefigura pienamente l’essenza.
Intorno all’airone del titolo – personaggio-chiave dall’evoluzione caratteriale colorita da nemesi, a minaccia, sino ad alleato e amico del giovane e coraggioso Mahito – Miyazaki costruisce la narrazione de Il ragazzo e l’airone. Un racconto profondamente spirituale, introspettivo, dal ritmo cadenzato e a crescita graduata, che è al contempo romanzo di formazione reso nelle corde di un viaggio narrativo come esplicitazione degli archi di trasformazione, elaborazione di un lutto straziante e accettazione del cambiamento. Il crescere insomma, il vivere, nell’alba e nel tramonto del proprio tempo. Qualcosa di molto comune nel cinema di Miyazaki. Tanto da poter dire che – a volervi cercare delle reference intuitive – per certi versi il suo ultimo lavoro sembra quasi il figlio spirituale del cuore familiare de Il mio vicino Totoro e la magia e il world-building de La Città Incantata, ma fino a un certo punto.
Sbaglieremmo infatti nel paragonare Il ragazzo e l’airone a una qualsiasi altra opera di Miyazaki. Un autore da sempre distintosi per una certa originalità narrativa, un’insita freschezza che si rinnova ad ogni occasione non ripetendosi mai nelle stesse forme, che qui assurge a un livello altro e non soltanto per uno stile animato nuovo, mutevole, fluido e avvolgente. C’è come un velo di malinconia che traspare tra le maglie narrative de Il ragazzo e l’airone. Certo, anche gioia per la vita, per l’amore, per i legami che contano e per le cose semplici, e questa emerge in quei tipici momenti poetici e giocosi che del cinema di Miyazaki – da Nausicaä della valle del vento a Ponyo sulla scogliera – sappiamo essere un suo marchio di fabbrica, ma soprattutto dolore, o per meglio dire: rassegnazione. Miyazaki racconta di un mondo magico complesso, frastagliato e coloratissimo, ma destinato al collasso.
Un mondo prossimo a svanire, e a essere dimenticato con il passare del tempo, perché impossibilitato a trovarvi un successore. Eppure essenziale per gli equilibri del nostro mondo – un mondo terreno, corrotto, pieno di violenza e ingiustizie – tenuto in piedi un giorno alla volta da una costruzione di mattoncini. E quindi l’arte, la creatività, il cinema e l’immaginazione. Il tempo sta finendo per Miyazaki. In fondo vuole essere un’opera testamentaria Il ragazzo e l’airone nel suo perfetto equilibrio narrativo tra realtà e sogno (ma anche incubo, nda), dedicata al nipote. Un passaggio di consegne quindi, che appare essenziale a questo punto, per non perdere il sentiero. Su una cosa però si sbaglia Miyazaki: non potrà mai essere dimenticato. Il suo cinema è arte nella più elevata forma, puro in ogni sua componente, destinato all’immortalità del tempo.
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Qui sotto potete vedere il trailer del film:
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