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Il pianista | Adrien Brody, la Polonia e la sopravvivenza al terrore nazista

Premi, riconoscimenti ed emozioni per il film tratto dal romanzo autobiografico di Władysław Szpilman

Adrien Brody in un momento de Il Pianista, un film di Roman Polański del 2002
Adrien Brody in un momento de Il Pianista, un film di Roman Polański del 2002

MILANO – Vincitore della Palma d’Oro a Cannes e di ben tre premi Oscar, Il pianista (lo trovate su Netflix e Paramount+), con la grande e toccante interpretazione di Adrien Brody, è un altro racconto che si inserisce nella miriade di storie sulle persone, uomini e donne comuni, che hanno visto la propria esistenza sconvolta dall’avvento del nazismo. Diretto da Roman Polánski, il film è tratto dall’omonimo romanzo autobiografico scritto dal protagonista di quella che è a tutti gli effetti una tragica storia vera, Władysław Szpilman. Nato a Varsavia nel 1911, Szpilman crebbe in una famiglia che aveva sempre posto al centro della propria vita la musica e fin da piccolo mostrò un grande talento al pianoforte.

il pianista
La famiglia Szpilman in una scena de Il pianista

Lo coltivò prima nella città natale e poi a Berlino, dove si diplomò all’Accademia di Belle Arti. Tornato poi a Varsavia, iniziò a lavorare come pianista per una radio polacca, raccogliendo un discreto successo per la sua bravura. Ma il sogno dovette presto interrompersi con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e l’invasione della Polonia. Recluso insieme alla sua famiglia nel ghetto di Varsavia, visse in condizioni di estrema povertà e, insieme alla sua famiglia, era destinato ad essere deportato nel campo di Treblinka. Tuttavia, un poliziotto del ghetto lo aveva sentito suonare diverse volte e che era rimasto toccato dalla sua musica, decise che il suo destino non era quello di finire in un campo di concentramento e lo aiutò a scappare dal treno.

Adrien Brody al pianoforte in una scena de Il pianista

Szpilman non rivide mai più la sua famiglia e trovò lavoro come carpentiere dopo aver fatto ritorno nel ghetto, dove rimase fino al 1943. Arrivato ad una condizione di vita ormai insopportabile, decise quindi di scappare dal ghetto. Per mesi interi venne nascosto da amici e conoscenti, di alcuni dei quali si conoscono i nomi mentre altri hanno voluto rimanere anonimi. Nel momento più critico della guerra, quando ormai la sua vita era in pericolo, trovò rifugio nelle rovine di una casa mangiata dalle fiamme di un incendio, dove si trovò a combattere con la fame e la malattia. Qui, un poliziotto della Wehrmacht, Wilm Hosenfeld, si curò di lui, portandogli cibo regolarmente e dandogli un cappotto per combattere il freddo. Un cappotto che portava lo stemma nazista e che gli salvò la vita.

Una scena de Il pianista

Władysław Szpilman rimase così nascosto fino alla fine della guerra, quando poi tornò a lavorare per la radio polacca. Curò un programma di musica leggera fino al 1963, quando decise di ritirarsi dalle scene e di vivere in pace fino alla fine, quando si spense nel luglio del 2000. La sua famiglia dovette comunque difendere il suo nome quando, nel 2010, vennero riportare delle dichiarazioni della cantante ebrea e polacca Wiera Gran, che lo accusava di aver collaborato con i nazisti a loro favore. Iniziò così una causa legale per diffamazione, che gli eredi di Szpilman riuscirono a vincere, ripulendo il suo nome da qualsiasi accusa. Il pianista rimane tutt’oggi uno dei film più famosi sull’occupazione tedesca in Polonia, una storia di sopravvivenza e di attaccamento alla vita contro gli orrori dello sterminio nazista.

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