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Il Grande Smog | I tetti di Londra, un incubo mortale e quell’episodio di The Crown

Sembra un’invenzione della serie di Netflix, invece è realtà: ecco cosa accadde il 5 dicembre 1952

Il Grande Smog, storia di un incubo reale
Il grande smog a Londra: la storia di un incubo reale.

ROMA – Quando la mattina del 5 dicembre 1952 i londinesi si svegliarono, scostarono le tende davanti alle finestre e, oltre i vetri, videro qualcosa di diverso. Non che la nebbia non fosse mai scesa su Londra per giocare a nascondino con il Big Ben e il London Bridge, ma quella volta adagiata sulla città c’era una coltre di nubi stagnante e maligna, un drappo disteso su quella che sarebbe diventata, in pochi giorni, una bara per molte persone. Questo evento senza precedenti – ribattezzato Il Grande Smog – lo avete visto ricreato sullo sfondo del quarto episodio della prima stagione di The Crown. Sono trascorsi dieci mesi da quando Elisabetta II è salita al trono ed è ancora incerta sui confini del proprio ruolo. Quella che sembra solo una normale brutta giornata, diventerà invece terreno di scontro politico tra Winston Churchill e i suoi detrattori, a causa delle ciminiere costruite dai conservatori e dall’assenza di una regolamentazione sullo smog. Elisabetta II prenderà le difese del primo ministro, ma imparerà dalla Regina Madre che non è compito suo entrare nelle diatribe della politica. L’episodio di The Crown è intitolato Atto di Dio.

Il Big Ben e il Grande Smog visto in The Crown 1x04
Il Big Ben e il Grande Smog visto da The Crown.

Ma è tutto vero quello che vediamo in The Crown? Sì. Quel novembre del 1952 aveva fatto registrare una temperatura media di 4.9 gradi. Negli ultimi giorni, il termometro era sceso sotto lo zero durante la notte e anche all’alba del 5 dicembre la minima era di meno 4 gradi. La nebbia si stava formando rapidamente con quella abituale presunzione che ha l’aria umida quando sfida un suolo freddo, di diventare un insinuante e invasivo vapore acqueo. La situazione sarebbe andata migliorando nell’arco di alcune ore, come era sempre stato in passato e come sarebbe sempre stato in futuro. Non quel giorno, però. La natura decise di sperimentare qualcosa di diverso, lasciando che un anticiclone imbottigliasse contemporaneamente la città. Nelle prime ore del pomeriggio nei cieli dell’Inghilterra del Sud, iniziò a stazionare l’alta pressione che generò l’effetto di inversione termica: il freddo strato di nebbia che si era accomodato sopra edifici, parchi e strade, aveva colmato ogni spazio rimanendo al contempo schiacciato sotto lo strato di aria calda. Niente vento per diradare la nebbia, né calore a sufficienza perché evaporasse.

il grande smog
Un’altra scena di The Crown: Buckingham Palace inghiottito dal nero

La mattina seguente, il 6 dicembre, cominciarono a manifestarsi i temuti effetti collaterali. Nel 1952 Londra era una metropoli con più di 8 milioni di abitanti e la maggior parte dei salotti e degli uffici era riscaldata con stufe a carbone e le fornaci delle fabbriche della città continuavano a bruciare combustibile. Non era previsto che il luogo di nascita della rivoluzione industriale si fermasse per nebbia. Ciò che si fermò, invece, furono fuliggine e fumi di scarico. Anidride carbonica e anidride solforosa non ebbero modo di dissolversi e rimasero intrappolate nella coltre bianca che, col passare delle ore, diventò giallastra. Quando il fumo, smoke, si somma alla nebbia, fog, il risultato è letale: smog, appunto. La visibilità si era talmente ridotta che Londra si paralizzò. Gli autobus camminavano a passo d’uomo, scortati da poliziotti con torce in mano. Molti automobilisti dovettero abbandonare le auto ai bordi della strada e proseguire a piedi. Guardando il cielo non si intravedeva un solo spiraglio di luce. E nemmeno di ottimismo.

Un'immagine dalla Londra del dicembre 1952
La realtà: un’immagine dalla Londra del dicembre 1952

A quel punto divenne fondamentale sigillarsi dentro casa per preservare l’aria ancora incontaminata, mentre i teatri e i cinema chiudevano i battenti perché la nebbia era penetrata all’interno. Vedere il palcoscenico dal fondo della platea o avere sul naso un paio di occhiali appannati, era la stessa cosa. Le difficoltà di natura pratica, purtroppo, avrebbero rappresentato l’aspetto meno drammatico. Nei giorni seguenti, il 7 e l’8 dicembre, medici e infermieri furono chiamati a fare doppi turni. Gli ospedali videro un incremento di pazienti con le vie respiratorie compromesse, colti da bronchiti e polmoniti da smog. Coprirsi il volto con mascherine e foulard era diventato imprescindibile. A conoscere un incremento fu anche la criminalità che traeva vantaggio dallo stato di panico e confusione generale.

smog
Le mascherine? A quanto pare non è la prima volta…

Fu soltanto alcune settimane più tardi che si compresero i numeri della tragedia, quando fiori e bare iniziavano ad andare in esaurimento. La municipalità raccolse i dati dei ricoveri calcolando che 4000 persone trovarono la morte in quei giorni di intossicazione di massa. Secondo una stima elaborata in tempi recenti, gli effetti nefasti della nebbia velenosa provocarono il decesso negli anni seguenti di molti altri esseri umani, facendo lievitare a 12000 il numero delle vittime. La mattina del 9 dicembre, infine, un vivace vento proveniente da Ovest portò il tanto atteso sollievo e spinse la coltre giallastra lontano da Londra, verso il Mare del Nord, dove poté dissiparsi. 

La nebbia killer
La nebbia killer

L’inquinamento atmosferico non fu più trascurato dal parlamento britannico che nel 1956 approvò il Clean Air Act, considerato uno dei provvedimenti più importanti della storia del movimento ecologista volto a riconoscere i danni dell’inquinamento. Il decreto imponeva alle industrie di carbone di operare lontano dai centri urbani e agevolava la cittadinanza a cambiare i sistemi domestici di riscaldamento per favorire sorgenti elettriche o a gas. Nei racconti dei londinesi che mesi e anni più tardi avrebbero ricordato quell’esperienza, era presente un elemento comune: la sensazione che l’odore pungente di uova marce dell’anidride solforosa inalato nei giorni del Grande Smog, sarebbe rimasto per sempre addosso alla città e ai suoi cittadini. Come un mantello invisibile. Come un monito per il futuro.

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