Adam Olivo MILANO – Trionfatore alla Berlinale 73 con un Orso d’Argento, Gran Premio della Giuria e forte di un’accoglienza positiva al Torino Film Festival arriva adesso nelle sale Il Cielo Brucia del regista tedesco Christian Petzold. Il film racconta la storia di due amici, Felix (Langston Uibel) e Leon (Thomas Schubert), i quali raggiungono, nella calda estate tedesca, la casa al mare del primo che affaccia sul Baltico. Convinti di esser soli per potersi dedicare ciascuno ai propri impegni professionali: Felix al suo portfolio fotografico per accedere all’Accademia di Belle Arti e Leon per terminare il suo romanzo Club Sandwich, avranno presto le aspettative disattese dalla presenza di Nadja (Paula Beer), una giovane e bellissima gelataia dal passato inizialmente oscuro e dedita apparentemente a godersi la stagione, inclusi i piaceri della carne.
A turbare ulteriormente gli equilibri arriverà successivamente Devid (Enno Trebs), il bagnino della spiaggia prospiciente l’abitazione, con cui si creeranno inevitabili dinamiche di gelosia. Da queste poche coordinate, si può già intuire come Petzold si sia ispirato alla grande commedia di stampo rohmeriano, dove poco accade in termini di azione e dove tutto è piuttosto affidato alla capacità di elaborazione dello spettatore. Purtroppo, Petzold, pur essendo tra i più riconosciuti autori tedeschi, non è Éric Rohmer e non ha un tocco altrettanto leggiadro e profondo al contempo, ma forse sarà impossibile raggiungere nuovamente le vette dell’autore francese.
Certo è comunque apprezzabile che il regista abbia deciso di raccontare l’estate tedesca (quando era accaduto l’ultima volta?) e si sia dedicato ad un cinema volutamente controcorrente nella sua (solo apparente) semplicità. All’anteprima milanese de Il Cielo Brucia in cui noi di Hot Corn abbiamo avuto il piacere di incontrarlo, ci ha proprio restituito tutto il suo bisogno di raccontare la leggerezza e il mistero dell’innamoramento, quando inizialmente era tentato di fare un film distopico. Se da un lato, dunque, i toni sembrano piuttosto distesi, perlomeno fino all’arrivo dell’editore di Leon (ma non vi sveliamo di più), in realtà, però, aleggia fin dall’inizio la minaccia di un pericolo imminente.
Perché il cielo brucia? Perché il calore sta facendo incendiare tutte le aree limitrofe all’abitazione e il pericolo è incombente, per quanto si riesca discretamente ad ignorarlo. Ecco che allora ci si chiede: sarà vero non sia in fondo lo stesso Il cielo brucia un film apocalittico o distopico? C’è qualcosa di ben più inquietante di quanto all’apparenza raccontato, da cui non siamo per nulla esenti? Queste alcune tra le domande che emergeranno da chi si ritaglierà la visione dell’ultima opera di Petzold che, dopo Undine – un amore per sempre sempre con Paula Beer sull’elemento acquatico, si sofferma stavolta sull’elemento del fuoco.
C’è anche spazio per riflettere sulla poesia, sull’immagine, sulla rappresentazione artistica, sul tempo, ma avrete già capito si tratti di uno di quei film che fa sì emergere domande, senza tenerci troppo a fornire delle risposte. Son film in cui i francesi eccellono (basti pensare a una giovane firma come Mikhaël Hers, sempre di casa Wanted Cinema), ma è un bel segnale ci si stia contaminando sempre più per contribuire alla nascita di un cinema più genericamente europeo.
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