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High Flying Bird | Basket, bugie e videotape nell’iPhone di Steven Soderbergh

Prolisso, abbagliante e ragionato, tra sport, libertà e potere. Ecco perché riscoprirlo su Netflix

High Flying Bird: il titolo è stato preso da Soderbergh da un brano folk del 1963.

ROMA – Si sa, qualsiasi cosa, negli Stati Uniti, prima o poi si trasforma in metafora politica. Oscar, pubblicità, sport, canzoni, film. Ma anche situazioni. Che sia quella di dare la precedenza ad uno stop oppure il lockout dell’NBA. Ovvero, un periodo di stallo in cui le parti – arbitri, giocatori, manager, la stessa associazione – non trovano un accordo. Il campionato si blocca e i salari sono congelati. Così il lockout – nella storia del basketball ce ne sono stati quattro – sembra proprio lo shutdown, l’impasse che tocca il settore esecutivo del sistema politico. Quindi, blocco federale e servizi pubblici chiusi. Per uscire dalle sabbie mobili, spesso si ricorre ad un ingranaggio di accordi, strette di mano e compromessi. Così, Steven Soderbergh, ossessionato dalle parole e dalla costruzione della bugia e della verità, capisce che il lockout può essere quel trampolino per divertirsi a creare un’enorme matrioska in cui la più piccola delle bambole è la più grande.

André Holland è Ray Burke.

Sono questi, prendendo in prestito per il titolo il brano folk datato 1963 High Flying Bird – nel film una meravigliosa versione di Richie Havens –, i presupposti per il suo film, passato al Sundance nel 2019 e che trovate ora in streaming su Netflix. Tecnologicamente e narrativamente parlando, High Flying Bird, è girato con un iPhone 8 equipaggiato da una lente wide-angle, e scritto come se il senso di tutto, fosse il suo diretto controsenso. La storia, gira infatti attorno al basket giocato nelle hall, negli ascensori, dietro le finestre a vetri degli uffici di un ricostruito World Trade Center, ripreso di sbieco, dal basso. Un sottobosco abitato da personaggi in giacca e cravatta pronti a tutto per accaparrarsi la poltrona al piano più vicino al canestro. Tra loro, Ray Burke (André Holland), manager di un’importante società che assiste i giocatori più promettenti, tra cui il suo assistito di punta, in trattativa con una squadra di New York (non ci sono rimandi diretti ai Knicks), Erick Scott (Melvin Gregg). Ma con le trattative in stallo in NBA e annesso lockout, Ray, non solo escogita una soluzione al problema, evitando il suo tracollo, ma riscrive, in 72 ore, le regole stesse della Lega.

Melvin Gregg è la matricola Erick Scott.

Possibile? Sì. Anche perché il basket giocato in High Flying Bird non si vede quasi mai. Anzi, l’unica volta che lo vedrete sarà solo attraverso un filmato amatoriale pubblicato sui social. Perché, la partita, qui, si combatte su altri parquet. Lontani dalla purezza del gesto libero e tecnico – e come raccontano alcuni veri rookie durante il film, solo chi è libero riesce ad essere determinate: LeBron, Weestrbook, Harden –, gli atleti e i procuratori, si aggirano nelle stanze del potere facendosi strada a colpi di tweet e provocazioni. E, allora, forse sarebbe meglio che il futuro di un atleta, le sue scelte, siano dipendenti da loro. Un po’ come la boxe: ognuno è libero di sfidare chi vuole. E, nei prolissi dialoghi tanto amati da Soderbergh, ecco la pretesa che per un’ora e mezza l’attenzione sia rivolta esclusivamente alla sua pellicola ripresa da un iPhone. Quasi a spiare i bisbigli da milioni di dollari che fanno da asettica anima allo sport più bello e spettacolare del mondo.

Un’altra scena di High Flying Bird.

L’ottica si mantiene sempre sulla stessa asse della marmorea sceneggiatura (scritta dal co-sceneggiatore di Moonlight, Tarell Alvin McCraney), e per mezzo della parola ”schiavitù” che una volta pronunciata, beh, allora si deve subito chiedere perdono, dice il coach afroamericano Spencer (Bill Duke). Perché – ovviamente – il tema razziale fa da riflesso al plot principale. Senza scavalcare troppo gli insiemi economici, sportivi, politici e culturali, Soderbergh si toglie però la soddisfazione di piazzare, qua e là, studiati ma spettacolari colpi da tre punti. Come quando la Bibbia si tramuta in un manifesto di denuncia e colpevolezza da leggere solo quando arriva il momento. Né prima, né dopo aver vinto o perso la partita più importante di sempre. Se amate il basket, un film assolutamente da recuperare.

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  • VIDEO | Qui potete vedere il trailer di High Flying Bird:

 

 

 

 

 

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