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Gary Oldman: «Il mio amore per il teatro, Batman, Oliver Stone e quei copioni rifiutati»

Il teatro, l’Oscar per Winston Churchill, JFK e quelle idee rubate: l’attore si racconta

Gary Oldman, l'Oscar e la maglia di Rashford del Manchester United.

CANNES – Gary Oldman e la sua natura ipercritica. L’attore, incontrato da Hot Corn durante una masterclass a Cannes, domina la scena, fa imitazioni delle voci dei suoi personaggi cult, si alza in piedi sul palco e ne riproduce la postura. Insomma intrattiene il pubblico come se fosse a teatro. D’altronde, confessa, non ha mai pensato di esibirsi altrove. Un esempio? Ha sempre rifiutato ogni singolo copione ricevuto per qualsiasi film e questo ha decretato la sua fortuna perché più ne rimandava al mittente, più ne riceveva. E con offerte economiche sempre maggiori. «Alla fine ho ceduto», – ammette ridendo –, «perché ho pensato che con la cifra che mi offrivano avrei potuto ristrutturarmi la cucina senza problemi…».

l'ora piu buia
Gary Oldman al trucco per L’ora più buia.

LA SCUOLA DI RECITAZIONE – «Per tre anni mi sono immerso anima e corpo nelle lezioni, dalla dizione al combattimento corpo a corpo, dall’improvvisazione alla storia del teatro. Ecco perché a qualunque aspirante attore che mi chiede un consiglio rispondo sempre di dover innanzitutto studiare per imparare disciplina e puntualità. Inoltre, aggiungo, bisogna presentasi in anticipo ai provini e arrivare preparato, conoscendo a memoria le battute. All’inizio neppure io capivo l’importanza di tutte queste lezioni, ma ho poi compreso quanto fosse cruciale iniziare dalle basi per poi poter crescere…».

Lesley Manville, Julian Wadlam, Gary Oldman e Linda Bassett in una rappresentazione di Serious Money alla Royal Court.
Lesley Manville, Julian Wadlam, Gary Oldman e Linda Bassett in Serious Money. Era il 1987.

IL CAVALIERE OSCURO – «Il tenente Gordon, a mio avviso, per quanto si impegnasse, alla fine non portava avanti queste grandi investigazioni. Arrivava Batman, gli consegnava le prove e gli diceva: “Portale alla scientifica”. Eppure, per quella performance, Rolling Stone mi fece il complimento più bello della carriera, scrivendo che ero stato: “Superbamente affidabile”. Per prepararlo ho implementato quello che chiamo il mio “metodo della cucina”: ossia me ne vado in giro per la stanza ripetendo le battute fino a che non trovo la voce del personaggio».

Gary Oldman in una scena di The Dark Knight.
Gary Oldman in una scena di The Dark Knight.

I MIEI FILM – «Le mie performance? Sono ipercritico. Se mi capita di imbattermi in qualche mio film in televisione cambio subito canale. Per L’ora più buia, però, sono quasi soddisfatto, mi sembra di aver fatto un buon lavoro. Sono pochi i film di cui sono totalmente convinto, in altri ancora mi piace qualche scena qua e là. Di JFK – Un caso ancora aperto sono orgoglioso in modo particolare perché Oliver Stone mi ha spedito a Dallas con un biglietto aereo in mano per ricerche sul campo e mi sono sentito una specie di detective. Inoltre il film è girato nelle vere location, compresa la casa di Lee Harvey Oswald. Se lo avessimo fatto oggi saremmo finiti a filmare in Bulgaria, con un effetto del tutto diverso».

Gary Oldman nel ruolo di Lee Harvey Oswald in JFK.

GLI INIZI «Il mio primo ingaggio? È stato un contratto di sei mesi con la compagnia di York. Un’esperienza formativa ma impegnativa dato che per ogni stagione mettevamo in scena cinque o sei spettacoli facendo le prove di uno di giorno ed esibendoci in un altro di sera. Qualche tempo dopo ho realizzato il sogno di trasferirmi a Londra e ho sfruttato le capacità che avevo sviluppato: recitazione, ballo e canto. Certo, sbarcavo appena il lunario ma ero al settimo cielo…».

Gary Oldman
Con Chloe Webb in Sid & Nancy. Era il 1986.

IO & LUC BESSON – «La collaborazione è nata subito dopo la mia presenza in giuria al Festival di Cannes, ci siamo conosciuti così. È un talento eccezionale e un uomo divertente, ma soprattutto un tipo creativo. Trova sempre un modo di entrare nella scena, e non intendo in senso metaforico, ma letterale: vuole stare proprio dove si svolge l’azione anche a costo – come è successo per Léon – d’imbracarsi in buffe tute e seguire la telecamera. Una volta ne ha piazzata una sulla cassetta delle mele e l’ha fatta trascinare in campo dall’operatore per ottenere l’effetto che voleva.

Scherzando con Natalie Portman sul set di Léon, 1994.

Confesso di avergli poi rubato l’idea, qualche anno dopo, per una parte del video che ho diretto per Jack White, Unstaged. Mi hanno guardato tutti come se fossi pazzo e allora ho risposto alla troupe che stava lì sul set: «Ascoltatemi: avete presente quella pellicola iconica e ad alto budget di qualche anno fa? Léon? Ecco, questa trovata l’ho imparata lì, quindi fidatevi». A quel punto si sono convinti. E ha funzionato…».

  • MASTERCLASS | Luc Besson

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