MILANO – Ma dove siamo? Nella campagna veneta, sulle colline in cui nasce il Prosecco. Una serie di omicidi rompono la quiete, ma il suicidio del conte Desiderio Ancillotto scuote l’ispettore Stucky, appena promosso, impacciato, ma forse (forse) pieno di talento. Per risolvere il caso dovrà fare i conti con le proprie paure e con un passato ingombrante. Sullo sfondo, tra i filari, una battaglia per la difesa del territorio e delle bollicine che anima bottai, saggi bevitori. Prima della (bella) serie di Stucky, nel 2017 ci fu un film, Finché C’è Prosecco C’è Speranza, diretto da Antonio Padovan e tratto dall’omonimo libro scritto da Fulvio Ervas nel 2010, il quarto di una serie di dieci. Un giallo mescolato a bottiglie, vetro e sughero, alcol e lieviti, ambientato in un mondo che non vuole scomparire ma, al contrario, rivendica un futuro e in cui si muove, goffamente, Stucky.
«Dopo aver trascorso un terzo della mia esistenza a New York», spiega il regista Padovan, «Stucky, ovvero l’ispettore nato dall’immaginazione di Ervas e nei cui occhi Giuseppe Battiston ha riversato un oceano di emozioni, è venuto a prendermi e mi ha riportato alla mia terra: un piccolo arcipelago di dolci rilievi trapuntati di vigne che si sta trasformando in un luna park enofinanziario: Proseccolandia. Ecco, Finché C’è Prosecco C’è Speranza vuol essere è un giallo, ma al tempo stesso un modo per puntare la lente d’ingrandimento su una realtà geografica poco esplorata dal cinema italiano. È un’indagine impregnata di riflessioni sul futuro che vogliamo. Un inno all’andare piano, assaporando la vita. Un ritratto di un territorio ingarbugliato tra progresso e tradizione, tra eccellenze a vergogne. Insomma, una lettera d’amore».
Ma da dove nasce la storia firmata da Ervas? «Nel 2010 il Nord Est entrava in crisi, e a nessuno sembrava possibile», ricorda lo scrittore, che ha da poco pubblicato un nuovo romanzo, Il tatuatore innamorato. «Solo un comparto produttivo resisteva: quello del prosecco. Cresceva come l’economia cinese. Allora mi sono detto: perché non raccontarlo? E così ho scoperto l’intricata tessitura di un mondo: amore per la terra ma anche pesticidi, cavalieri del vino e mercenari dell’avidità. Così il romanzo, e anche il film, è un’occasione per infilare l’ispettore Stucky tra Conegliano e Valdobbiadene, tra borghi e abbazie, con un seguito di vignaioli, confraternite e matti di paese. Un’occasione per narrare una terra incredibile, che amo, luoghi incantati, e il mondo del vino, simbolico e affascinante…».
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