MILANO – Lui, lei, una figlia e l’arrivo del secondo bimbo. Sara e Nicola, Anna e Pietro, quattro nomi per una storia già vista, l’ennesima famiglia, i soliti problemi. Appena comincia, si pensa già di aver compreso Figli, si crede perfino di poterlo prevedere, di dove andrà a parare. Invece no. Minuto dopo minuto, porta da un’altra parte, senza nemmeno che lo spettatore se ne accorga, senza nemmeno intuirlo. All’inizio pare – anche formalmente – un divertente giochetto per neogenitori e radical chic a cui piace rielaborare troppo («Lei però è un po’ cervellotico», come viene definito Mastandrea), poi si trasforma in una riflessione profondissima e dolente sul costo, sul peso, e sulla meraviglia di costruire una famiglia, una famiglia che magari pare chiusa su se stessa e che invece, tra disegni del Titanic e delle Torri Gemelle, sta rielaborando il mondo per costruirsi il proprio mondo.

Attenzione però, un’avvertenza importante: Figli non è solo un film di famiglie o per famiglie (ma non per bambini), perché in più punti riesce anche ad essere molto cattivo, affonda il colpo, usa quel nucleo famigliare e quella casa per dipingere il Paese che sta tutt’intorno, un’Italietta da telecomando e terza età, da divano e polpettone, senza coraggio e senza slancio, egoista e menefreghista. Un Paese perfettamente definito dalle parole feroci della madre di Paola Cortellesi (interpretata da Betti Pedrazzi, bravissima), che in un breve monologo spiega esattamente perché la generazione dei nonni è ancora quella che detiene il vero potere economico e perché i figli sono ancora figli, senza rendite, senza prime o seconde case.

La forza di Figli e delle parole del mai troppo pianto Mattia Torre – scomparso lo scorso 19 luglio a soli 47 anni – sta proprio nel fatto di non fare la morale a chi guarda, ma di riuscire però ugualmente a parlare di responsabilità, di cose da fare e non fare e che no, non sempre è tutto uguale, che non è sempre la stessa cosa, che la colpa non è sempre di qualcun altro. Proprio per questo, alla fine, vincono quelli che restano, quelli che resistono, quelli che – nonostante tutto – fanno e accettano, inesorabili, attaccati alle piccole cose, passo dopo passo. Persone comuni, normalissime, che a prima vista sembrano quasi ferme e che invece, inesorabilmente, avanzano. Sempre. Andate a vederlo, amatelo, consigliatelo, perché questo è un film destinato a rimanere.
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